Venceslao, Pesaro, Gavelli, 1724 (Il fratricida innocente)

 SCENA VI
 
 GISMONDO frettoloso e li suddetti
 
 GISMONDO
 Tosto, signor, cingi lorica ed elmo,
1300rompi ogn’indugio ed arma
 di acciar la destra e di costanza il core.
 VENCESLAO
 Che fia, Gismondo?
 ERENICE
                                       O dei!
 ERNANDO
                                                     Che avvenne?
 GISMONDO
                                                                                 Il prence...
 VENCESLAO
 Morì. Per esser giusto,
 già finii di esser padre.
 GISMONDO
                                             Ah se riparo
1305tu non cerchi al periglio,
 la corona perdesti e non il figlio.
 VENCESLAO
 Che? Vive Casimiro?
 GISMONDO
                                          E vivo il vuole
 la milizia, la plebe ed il Senato.
 Sono infranti i suoi ceppi,
1310fugati i tuoi custodi, al suol gittati
 i funesti apparati e del tumulto
 non ultima è Lucinda.
 Ognun grida, ognun freme; e se veloce
 tu non vi accorri, invano
1315freno si cerca al popolo feroce.
 VENCESLAO
 (Sì sì, popoli, Ernando,
 Erenice, Lucinda, (Da sé passeggiando)
 dover, pietà, legge, natura, a tutti
 soddisferò, soddisferò a me stesso).
1320Sieguami ognuno. Il mondo
 apprenderà da me
 ciò che può la pietade in cor di padre,
 ciò che può la giustizia in cor di re.
 
    La tempesta non giugne molesta
1325alla nave d’un saggio nocchier.
 
    Quell’oltraggio può darle naufraggio,
 agitarlo non puote il pensier.