Venceslao, Pesaro, Gavelli, 1724 (Il fratricida innocente)

 SCENA XIII
 
 LUCINDA, VENCESLAO, ERNANDO
 
 LUCINDA
 Nel dì venturo a morte?
 Perdona, o re. Di Casimiro il capo
 con l’amor mio dalle tue leggi esento.
875È re di Lituania;
 tal lo dichiaro; e come re né dee
 né può d’altro regnante esser soggetto
 al giudizio e alle leggi.
 Rispetta il grado e ’l tuo rigor correggi.
 VENCESLAO
880Regina, in far la colpa
 re Casimiro ancor non era. Egli era
 mio suddito e mio figlio.
 Tal lo condanno. Il grado, a cui lo innalzi,
 lo trova reo; lo trova
885vittima del suo fallo,
 suddito delle leggi.
 Rispetta il giusto e l’amor tuo correggi.
 LUCINDA
 Misero Casimiro!
 Venceslao vive e tu perdesti il padre.
890Più misera Lucinda!
 Muore il tuo sposo e ’l tuo rossor pur vive.
 Questa, o regnante, questa è la tua fede?
 Così mi sposi al figlio?
 Così l’onor mi rendi?
895O dal figlio e dal padre, (Piagne)
 o due volte ingannata alma infelice!
 VENCESLAO
 (Della real promessa (Tra sé)
 or mi sovvien, che ella si adempia è giusto.
 Ma la giustizia offesa? E la mia fede?
900Mora il reo figlio, mora).
 ERNANDO
                                                (O dei, che pensa?)
 VENCESLAO
 (Ma s’ei muore, Lucinda
 vivrà disonorata
 per mia cagion?)
 LUCINDA
                                  (Spenta è per me pietade?)
 VENCESLAO
 Regina, il pianto affrena.
905All’onor tuo sodisferassi. Ernando.
 ERNANDO
 Sire.
 VENCESLAO
             Dal duro uffizio
 già ti dispenso.
 ERNANDO
                               Io l’ubbidia con pena.
 LUCINDA
 Mio cor, respira.
 VENCESLAO
                                 Or vanne
 al colpevole figlio; e fa’ che sciolto
910sia là condotto ove la gioia ha in uso
 di festeggiar le regie nozze.
 LUCINDA
                                                    Ah sire,
 all’amor mio permetti
 che nunzia io sia del lieto avviso al prence.
 VENCESLAO
 Ti si compiaccia. Andiamo.
915Darò i cenni opportuni, onde a te s’apra
 nella torre l’ingresso.
 LUCINDA
 Ma se ’l prence al mio amore
 persiste ingrato...
 VENCESLAO
                                   Eh non temer, regina.
 Sarai sua sposa e serberò la fede.
 LUCINDA
920Lieta gode quest’alma e più non chiede.
 
    Del caro suo diletto
 il core, l’alma, il petto,
 il seno, il labro, il volto
 mi sparga il dio d’amor;
 
925   e la mia bella fede
 gioisca, sì, che il piede
 da’ duri lacci ha sciolto
 l’amato mio tesor.