Venceslao, Venezia, Buonarrigo, 1723

 SCENA VI
 
 GISMONDO frettoloso e li suddetti
 
 GISMONDO
 Tosto, signor, cingi lorica ed elmo,
1250rompi ogn’indugio ed arma
 di acciar la destra e di costanza il core.
 VENCESLAO
 Che fia, Gismondo?
 ERENICE
                                       O dei!
 ERNANDO
                                                     Che avvenne?
 GISMONDO
                                                                                 Il prence...
 VENCESLAO
 Morì. Per esser giusto
 già finii di esser padre.
 GISMONDO
                                             Ah se riparo
1255tu non cerchi al periglio,
 la corona perdesti e non il figlio.
 VENCESLAO
 Che? Vive Casimiro?
 GISMONDO
                                          E vivo il vuole
 la milizia, la plebe ed il Senato.
 Sono infranti i suoi ceppi,
1260fugati i tuoi custodi, al suol gittati
 i funesti apparati e del tumulto
 non ultima è Lucinda.
 Ognun grida, ognun freme; e se veloce
 tu non vi accorri, invano
1265freno si cerca al popolo feroce.
 VENCESLAO
 Sì sì, popoli, Ernando,
 Erenice, Lucinda, (Da sé passeggiando)
 dover, pietà, legge, natura, a tutti
 soddisferò, soddisferò a me stesso.
1270Sieguami ognuno. Il mondo
 apprenderà da me
 ciò che può la pietade in cor di padre,
 ciò che può la giustizia in cor di re.
 
    Balenar sul caro volto
1275di beltà con vaghi rai
 il vedrò del trono i lampi.
 
    Tu vedrai quanto il mio core
 al gran lume in te raccolto
 per amore allor più avvampi.