Venceslao, Venezia, Buonarrigo, 1723

 SCENA XIII
 
 LUCINDA, VENCESLAO, ERNANDO
 
 LUCINDA
 Nel dì venturo a morte?
 Perdona, o re, di Casimiro il capo
 con l’amor mio da le tue leggi esento.
 È re di Lituania.
870Tal lo dichiaro; e come re né dee
 né può d’altro regnante esser soggetto
 al giudizio e a le leggi.
 Rispetta il grado e ’l tuo rigor correggi.
 VENCESLAO
 Regina, in far la colpa
875re Casimiro ancor non era. Egli era
 mio suddito e mio figlio.
 Tal lo condanno. Il grado, a cui lo innalzi,
 lo trova reo; lo trova
 vittima del suo fallo,
880suddito de le leggi.
 Rispetta il giusto e l’amor tuo correggi.
 LUCINDA
 Misero Casimiro!
 Venceslao vive e tu perdesti il padre.
 Più misera Lucinda!
885Muore il tuo sposo e ’l tuo rossor pur vive.
 Questa, o regnante, questa è la tua fede?
 Così mi sposi al figlio?
 Così l’onor mi rendi?
 O dal figlio e dal padre, (Piagne)
890o due volte ingannata alma infelice!
 VENCESLAO
 De la real promessa (Tra sé)
 or mi sovvien; che ella si adempia è giusto.
 Ma la giustizia offesa? E la mia fede?
 Mora il reo figlio, mora.
 ERNANDO
                                              O dei! Che pensa?
 VENCESLAO
895Ma s’ei muore, Lucinda
 vivrà disonorata
 per mia cagion?
 LUCINDA
                                 Spenta è per me pietade?
 VENCESLAO
 Regina, il pianto affrena.
 A l’onor tuo soddisferassi. Ernando.
 ERNANDO
900Sire.
 VENCESLAO
             Dal duro uffizio
 già ti dispenso.
 ERNANDO
                               Io l’ubbidia con pena.
 LUCINDA
 Mio cor, respira.
 VENCESLAO
                                 Or vanne
 al colpevole figlio; e fa’ che sciolto
 sia là condotto ove la gioia ha in uso
905di festeggiar le regie nozze.
 LUCINDA
                                                    Ah, sire,
 a l’amor mio permetti
 che nunzia io sia del lieto avviso al prence.
 VENCESLAO
 Ti si compiaccia. Andiamo.
 Darò i cenni opportuni, onde a te s’apra
910ne la torre l’ingresso.
 LUCINDA
 Ma se ’l prence al mio amore
 persiste ingrato...
 VENCESLAO
                                   Eh non temer, regina.
 Sarai sua sposa e serberò la fede.
 LUCINDA
 Lieta gode quest’alma e più non chiede.