Venceslao, Venezia, Buonarrigo, 1723

 SCENA VII
 
 Notte. Stanza con tavolino.
 
 GISMONDO, poi VENCESLAO
 
 GISMONDO
 La notte avanza; e ’l prence
 non viene ancora. Ei solo
 col suo furor rimase,
 torbido, minaccioso
690e rivale e geloso.
 VENCESLAO
 Gismondo, ov’è ’l mio figlio?
 GISMONDO
                                                       Io qui l’attendo.
 VENCESLAO
 O dio! L’alma presaga
 m’è di sventure e per Ernando io temo.
 GISMONDO
 Ancor non vien.
 VENCESLAO
                                Gismondo,
695chiamisi tosto il duce Ernando.
 GISMONDO
                                                           Al cenno
 affretto il piè veloce.
 (Temo anch’io l’ire d’un amor feroce).