Venceslao, Venezia, Rossetti, 1722

 SCENA VII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Correte a rivi, a fiumi, amare lagrime.
1110Tolto da me lo sposo
 ha l’ultimo congedo.
 Più non lo rivedrò. Barbaro padre!
 Miserabile sposo! Ingiusti numi!
 Su, lagrime, correte a rivi, a fiumi.
1115Ma che giova qui il pianto? A l’armi, a l’armi.
 Giacché tutto disperi,
 tutto ardisci, o Lucinda. Apriti a forza
 ne la reggia l’ingresso. Ecco già parmi
 di svenare il tiranno,
1120di dar morte a’ custodi,
 di dar vita al mio sposo e di abbracciarlo
 fuori de’ ceppi... Ahi, dove son? Che parlo?
 
    Vaneggia la spene,
 delira l’affetto
1125e intanto il mio bene
 a morte sen va.
 
    Lo salvo pietosa,
 lo abbraccio amorosa
 e ancora ristretto
1130fra’ ceppi egli sta.
 
 Fine dell’atto quarto