Venceslao, Venezia, Rossetti, 1722

 SCENA II
 
 GISMONDO, LUCINDA e CASIMIRO
 
 GISMONDO
 Lucinda a te sen viene.
 CASIMIRO
 (Lucinda a me? Per qual destino, o dei).
 LUCINDA
 (Secondi amor propizio i voti miei).
 CASIMIRO
940Regina, (dir non oso
 Lucinda, sposa, nomi
 in bocca sì crudel troppo soavi)
 leggo su la tua fronte
 la sorte mia. Tu vieni
945nunzia della mia morte e spettatrice.
 Di buon cor la ricevo;
 ma la ricevo in pena
 di averti iniquo, o mia fedel, tradita,
 se pur la ria sentenza
950sul labbro tuo morte non è ma vita.
 GISMONDO
 Desta pietà.
 LUCINDA
                         (Caro dolor!) Custodi,
 al piè di Casimiro
 tolgansi le ritorte.
 GISMONDO
 Lo impone il re.
 CASIMIRO
                                Che cangiamento è questo?
 LUCINDA
955Da me la morte attendi?
 Da me, crudel?
 CASIMIRO
                               Da te che offesi.
 LUCINDA
                                                              Ingrato.
 CASIMIRO
 Ben ne ho dolor; ma indegno
 di tua pietade io sono
 ed or, bella, a’ tuoi piedi
960chiedo la pena mia, non il perdono.
 LUCINDA
 Casimiro, altra pena
 non chiedo a te che l’amor tuo. Del primo
 tuo pianto io son contenta.
 Godo di perdonarti
965e la vendetta mia sia l’abbracciarti.
 GISMONDO
 Prenci, non più dimore. Il re vi attende.
 CASIMIRO
 A che?
 LUCINDA
                Dal reggio labbro
 l’alto destin ne intenderai.
 CASIMIRO
                                                   Già scordo
 vicino a te, mio bene, i mali miei.
 LUCINDA
970Io ti ottenni il perdon. Temer non dei.
 GISMONDO
 Or vi precedo.
 LUCINDA
                             Andiamo. O gioia!
 CASIMIRO
                                                                 O sorte!
 A DUE
 Né sciolga un sì bel laccio altri che morte.