Venceslao, Torino, Gattinara, 1721

 SCENA V
 
 LUCINDA e CASIMIRO
 
 LUCINDA
 Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
 Lucinda udirlo? Oggi morrai? Spietato
 giudice, iniquo re, così mi serbi
1005la fé per più tradirmi?
 Mi dai lo sposo e mel ritogli? O tutto
 ripigliati il tuo dono o tutto il rendi.
 Se mi se’ più crudel, meno mi offendi.
 E tu che fai? Che non ti scuoti? Il cenno
1010udisti di un tiranno e non di un padre.
 Carnefice vuol torti
 la vita che ti diede e romper tutti
 gli ordini di giustizia e di natura.
 Né ti risenti? E soffri
1015attonito la tua, la mia sciagura?
 CASIMIRO
 Lucinda, anima mia,
 che far? Che dir poss’io? Veggo i miei mali
 e so di meritarli.
 Penso al tuo duolo e ti compiango. O sposa,
1020misera sposa! giunta
 a vederti tradire,
 a vedermi morire.
 LUCINDA
 Morir? Me forse credi
 sì vil, sì poco amante
1025che sofferire il possa?
 Meco ho guerrieri, ho meco ardire, ho meco
 amor, sangue, ragione.
 Ecciterò ne’ popoli lo sdegno;
 empierò d’ire il regno,
1030di tumulto la reggia,
 tratterò ferro e foco.
 
    E se teco io non vivrò,
 teco, sposo, io morirò.
 
 CASIMIRO
 Un soccorso rifiuto
1035ch’esser può mio delitto e tuo periglio;
 il re mi è padre, io son vassallo e figlio.
 LUCINDA
 Crudel, se’ sposo ancora.
 Va’ pur, ti è cara, il veggio,
 la morte tua. Vanne, l’incontra; a l’empio
1040carnefice fa’ core e ’l colpo affretta.
 Ma sappi, io pur morrò
 dal ferro uccisa o dal dolor. Tu piangi.
 Tu impalidisci? E ’l mio morir tu temi?
 Né temi il tuo? Che pietà è questa? Priva
1045mi vuoi d’alma e di core e vuoi ch’io viva?
 CASIMIRO
 Sì, vivi. Il dono è questo
 che ti chiedo in morendo. Addio, mia sposa,
 degna di miglior sorte
 e di sposo miglior.
 LUCINDA
                                     Tu parti?
 CASIMIRO
                                                         Addio.
1050Tollerar più non posso
 la pietà di quel pianto. Andrò men forte,
 se più ti miro, o dolce sposa, a morte.
 
    Parto; non ho costanza
 per rimirarti a piangere.
1055Sposa, ti abbraccio. Addio.
 
    Se più rimango, io moro.
 Ma non saria morir
 sugli occhi di chi adoro
 il morir mio.