Venceslao, Torino, Gattinara, 1721

 SCENA XIV
 
 LUCINDA, VENCESLAO, ERNANDO
 
 LUCINDA
 Nel dì venturo a morte?
 Perdona, o re. Di Casimiro il capo
 è re di Lituania,
795tal lo dichiaro; e come re né dee
 né può d’altro regnante esser soggetto
 al giudizio e a le leggi.
 Rispetta il grado e ’l tuo rigor coreggi.
 VENCESLAO
 Regina, in far la colpa
800re Casimiro ancor non era. Egli era
 mio suddito e mio figlio.
 Tal lo condanno. Il grado, a cui lo inalzi,
 lo trova reo; lo trova
 vittima del suo fallo,
805suddito delle leggi;
 rispetta il giusto e l’amor tuo correggi.
 LUCINDA
 Misero Casimiro.
 Venceslao vive e tu perdesti il padre.
 Più misera Lucinda!
810Muore il tuo sposo e ’l tuo rossor pur vive.
 Questa, o regnante, è questa la tua fede?
 Così mi sposi al figlio?
 Così l’onor mi rendi?
 O dal figlio e dal padre, (Piange)
815o due volte ingannata alma infelice!
 VENCESLAO
 (Della real promessa
 or mi sovvien; ch’ella si adempia è giusto.
 Ma la giustizia offesa? E la mia fede?
 Mora il reo figlio, mora).
 ERNANDO
                                                O dei! Che pensa?
 VENCESLAO
820(Ma s’ei muore, Lucinda
 vivrà disonorata
 per mia cagion?)
 LUCINDA
                                  Spenta è per me pietade?
 VENCESLAO
 Regina, il pianto affrena.
 A l’onor soddisferassi. Ernando.
 ERNANDO
825Sire.
 VENCESLAO
             Dal duro uffizio
 già ti dispenso.
 ERNANDO
                               Io l’ubbidia con pena.
 LUCINDA
 Mio cor, respira.
 VENCESLAO
                                 Or vanne
 al colpevole figlio e fa’ che sciolto
 sia là condotto ove la gioia ha in uso
830di festeggiar le regie nozze.
 LUCINDA
                                                    Ah, sire,
 a l’amor mio permetti
 che nunzia io sia de l’avviso al prence.
 VENCESLAO
 Ti si compiaccia. Andiamo.
 Darò i cenni opportuni, onde a te s’apra
835ne la torre l’ingresso.
 LUCINDA
 Ma se ’l prence al mio amore
 persiste ingrato?
 VENCESLAO
                                  Eh non temer, regina.
 Sarai sua sposa e serberò la fede.
 LUCINDA
 Lieta gode quest’alma e più non chiede.
 LUCINDA
 
840   Son qual fida tortorella (Aria di Lucinda)
 che smarrita l’amorosa
 sua compagna mai non posa,
 pietà chiede all’aure, al vento.
 
    Pure alfin l’amante core
845trovò pace al suo dolore
 e pietade al suo lamento.