Venceslao, Torino, Gattinara, 1721

 SCENA VII
 
 ERNANDO ed ERENICE, poi CASIMIRO
 
 ERENICE
 Pace al regno recasti e gioie a noi,
225Ernando generoso.
 Ma tu così pensoso? E che ti affligge?
 ERNANDO
 Se tu mel chiedi, io deggio dirlo; amore,
 benché finto, daver mi punge il core.
 Sì, per te peno, o bella.
 ERENICE
230(Qual favellar?)
 CASIMIRO
                                Felici amanti, il mio
 importuno venir tosto non privi
 del piacer di una vista i vostri lumi.
 ERENICE
 Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
 Perché rispetti Ernando
235sugli occhi di Erenice un mio comando.
 ERNANDO
 Qual fia?
 CASIMIRO
                    Da lei che adori, audace, or prendi
 l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
 Perché Ernando è vassallo ed io son re.
 ERNANDO
 L’amar beltà che tu pur ami, o prence,
240non è offesa al tuo grado,
 è omaggio che si rende al bel che piace.
 Nell’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
 E giusto anch’io sarò in punirti; a troppo
 tua baldanza s’inoltra. (Impugnando la spada)
 ERENICE
                                            E a troppo ancora
245ti trasporta il tuo sdegno.
 Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Addio, signor. Per poco
 tempra o sospendi almen l’odio mortale.
 Dentro al venturo giorno
 non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.
 
250   Della mia fedeltà
 un giorno si vedrà
 se il labro mente!
 
    Sospendi il tuo furor,
 da’ pace al tuo gran cor,
255rivale a te non son,
 son innocente.