Venceslao, Genova, Franchelli, 1717 (Il Venceslao)

 SCENA XII
 
 GISMONDO frettoloso e li sudetti
 
 GISMONDO
 Tosto, signor, cingi lorica ed elmo,
1180rompi ogni indugio ed arma
 d’acciar la destra e di costanza il core.
 VENCESLAO
 Che fia, Gismondo?
 ERENICE
                                       O dei!
 ERNANDO
                                                     Che avenne?
 GISMONDO
                                                                               Il prence...
 VENCESLAO
 Morì. Per esser giusto
 già finii d’esser padre.
 GISMONDO
                                            Ah se riparo
1185tu non cerchi al periglio,
 la corona perdesti e non il figlio.
 VENCESLAO
 Che? Vive Casimiro?
 GISMONDO
                                          E vivo il vuole
 la milizia, la plebe ed il Senato.
 Sono infranti i suoi ceppi,
1190fugati i suoi custodi, al suol gitati
 i funesti apparati e del tumulto
 non ultima è Lucinda.
 Ognun grida, ognun freme e se veloce
 tu non v’accorri, invano
1195freno si cerca al popolo feroce.
 VENCESLAO
 Sì sì, popoli, Ernando,
 Erenice, Lucinda,
 dover, legge, pietade e sangue, a tutti
 soddisferò, soddisferò a me stesso.
1200Sieguami ognuno. Il mondo
 apprenderà da me
 ciò che può la pietade in cor di padre,
 ciò che può la giustizia in cor di re.
 
   Nel misero mio core
1205ancor ti sento, amore,
 ah più non tormentar
 un cor di re.
 
    Vuol oggi la mia sorte
 che un figlio io danni a morte
1210e che il più rio dolor
 io senta in me.