Venceslao, Genova, Franchelli, 1717 (Il Venceslao)

 SCENA VIII
 
 LUCINDA, CASIMIRO, VENCESLAO
 
 LUCINDA
 O tu, che ancor non veggio
 qual ti deggia chiamar, nemico o amico,
 possibil fia ch’espor tu voglia al fiero
550sanguinoso cimento e fama e vita?
 Dimmi, di’, Casimiro,
 tu non vergasti il foglio? Ignoto il volto
 t’è di Lucinda e ’l nome?
 Fede non le giurasti?
555Amor non promettesti? E dir tu ’l puoi?
 Tu sostener? Scuotiti alfin. Ritorni
 la perduta ragion. Già per mia bocca
 l’amorosa Lucinda or sì ti dice.
 
    Cara parte di quest’alma,
560torna, torna a consolarmi.
 Sposo amato...
 
 CASIMIRO
 
                              All’armi, all’armi.
 
 LUCINDA
 
    Traditore, più che amore,
 brami piaghe e vuoi svenarmi?
 
 CASIMIRO
 
 All’armi, all’armi.
 
 LUCINDA
565Dunque all’armi, spergiuro.
 Sieguasi il tuo furor, pugnisi, io meco
 ho la ragion de l’armi,
 meco i numi traditi,
 l’onestà vilipesa, i tuoi spergiuri.
570Su, stringi il ferro e temi
 le piaghe che ricevi
 ma più quelle che fai. Più del tuo sangue,
 temi il mio sangue e sia
 il tuo rischio maggior la morte mia.
575Ma che dissi mia morte?
 La tua, la tua vogl’io. Perfido, a l’armi.
 Ben saprà quest’acciaro
 a quel core infedel farsi la strada.
 CASIMIRO
 (Io volgerò contro costei la spada?)
 LUCINDA
580Che fai? Che pensi? Omai
 o ti difendi o ti trafiggo inerme.
 CASIMIRO
 Pugnisi al novo giorno. (Ernando intanto
 andrò a punir di quell’ingrata a canto).
 LUCINDA
 No no, pugna or volesti e pugna or voglio.
585O tu qui cadi od io.
 CASIMIRO
 (Tolgasi quest’inciampo all’amor mio).
 Sei vinto ed è il tuo torto
 chiaro agl’occhi del padre, a quei del mondo.
 LUCINDA
 Hai vinto, o vil, ma generoso e forte
590ne le perdite mie restami il core.
 Forse de’ tuoi trionfi
 non godrai longamente, o traditore.
 Tutte armate a tuo danno
 le lituane spade empier di stragi
595questa reggia sapranno;
 e tu, principe indegno,
 piangerai la tua sorte
 senza onor, senza fede e senza regno.
 VENCESLAO
 Sì temerario?
 CASIMIRO
                             Ascolta
600quanto audace è costui.
 LUCINDA
 Di temerario a torto
 mi tacci, o re. La mia ragione, il giusto
 parlan su questo labro e se tu nieghi
 di vendicarmi, io stessa
605farò le mie vendette. Ho avezza anch’io
 la fronte alla corona, il piede al trono,
 so punir, so regnar. Lucinda io sono.
 VENCESLAO
 Lucinda?
 CASIMIRO
                     Eh padre, un mentitore è desso,
 mentì già il grado ed or mentisce il sesso.
610Questa non è Lucinda. In tali spoglie
 non s’ascondon regine.
 Non sei Lucinda, no. Confuso e vinto,
 pien di scorno e di duolo
 rimanti. (Il padre viene, a lui m’involo). (Via)