Venceslao, Napoli, Muzio, 1714 (Vincislao)

 SCENA X
 
 GILDO in abbito da donna e poi GERILDA
 
 GILDO
 Per seguitar la finta mia pazzia
 mi son cinto la gonna;
1725ma però non vorria
 che Gerilda credesse esser io donna;
 no, mi conoscerà
 e, se vedrò ch’abbia di me pietà,
 allor saprò ben fare
1730e mi farò del tutto perdonare.
 Eccola che sen viene,
 Gildo, coraggio, su, portati bene.
 Larà lallara, larallalà... (Si pone a ballare, accompagnandosi con la voce)
 GERILDA
 Oh Gildo miserabile e infelice!
 GILDO
1735Tu chi sei che qua vieni, ove non lice
 ad alcuno venir quando balliamo?
 Vattene via pur subito.
 GERILDA
 Vado.
 GILDO
              No, resta.
 GERILDA
                                  (Io dubito
 che questo non m’inganni,
1740lo vo’ scoprir). Ah! Gildo!
 Ah caro Gildo mio,
 vieni, vieni pur qua
 ch’io sento del tuo mal somma pietà.
 GILDO
 Larallarà, larallalà. (Balla)
 GERILDA
1745Non senti, Gildo mio?
 GILDO
 Eh! Gildo non son io.
 Gildo, Gildo è uno stolto.
 Al gran seno, al bel volto,
 alla voce sottile e alla gonna (Con voce finta)
1750tu non conosci ancor ch’io sono donna?
 GERILDA
 Se vuoi ch’io creda ciò, la speme è vana.
 GILDO
 Nol credi? No? Tu chiama la mammana.
 GERILDA
 (Mi fa ancor dubitare,
 onde voglio mostrare
1755che fuor di me mi porti il troppo affanno
 e su l’ingannator cadrà l’inganno).
 GILDO
 (Che mai parla tra lei?)
 GERILDA
 Dunque Gildo non sei?
 GILDO
                                             No, che non sono.
 GERILDA
 Ah! Mia gran dea, perdono, (Gli s’inginocchia avanti)
1760se non t’ho conosciuta
 quando qui son venuta,
 che m’ha abbagliato de’ tuoi lumi il chiaro.
 GILDO
 (Oimè! Mi par che questa parli sparo).
 GERILDA
 Pietà, gran dea, pietà
1765e dammi Gildo mio per carità.
 GILDO
 La grazia t’è concessa;
 ma Gildo a ritrovar vanne tu stessa.
 GERILDA
 
    Lo vo’ cercare,
 finché trovare
1770mi sia permesso;
 oh quello è desso.
 T’ho da pigliare, (Facendo azzioni di prendere una farfalla per aria)
 no, no scappare,
 t’ho preso già.
 
1775   Oh poverello!
 Così bel bello
 pur t’ho arrivato.
 Oh! M’è scappato,
 sorte cornuta!
1780Aggiuta, aggiuta
 per carità. (Alla replica Gildo fa le medesime azzioni di Gerilda)
 
 GILDO
 Hai di bisogno, poveraccia te,
 di mastro Giorgio molto più che me.
 GERILDA
 Aimè! Gildo dov’è?
 GILDO
1785(Certo che il gran martire
 d’avermi già perduto,
 l’avrà fatta ammattire).
 Gerilda, che cos’hai?
 Omai ritorna in te;
1790perché al veder sei matta più di me.
 GERILDA
 Tu il matto solo sei, non io la matta.
 GILDO
 Orsù, alziamola patta.
 GERILDA
 La mia fu sol finzione
 per discoprir, come t’ho già scoperto,
1795che ingannar mi volevi, empio, barone.
 GILDO
 (Aimè! Me l’ha ficcata
 ed ora non so al certo
 come placarla). Ah! Amata, (S’inginocchia)
 mia Gerilda adorata,
1800perdono, sì, perdono,
 ch’io pentito mi sono
 di quanto t’ho ingannato
 e in tutto mi vedrai tutto mutato.
 GERILDA
 E la tua Elisa?
 GILDO
                             A questa
1805non pensa più la testa.
 GERILDA
 Temo che tu m’inganni!
 GILDO
 S’io t’inganno, o mia bella,
 to’ ch’io possa morir. (Fra cent’altr’anni).
 GERILDA
 Tu ancora pensi a quella,
1810molto ben lo conosco.
 GILDO
 E s’io più penso a quella,
 più non poss’io mangiar (veleno e tosco).
 GERILDA
 Eh! Che troppo t’alletta
 e ti dona contento.
 GILDO
1815S’è vero, io mi contento
 non poter bere più (dell’acqua schietta).
 GERILDA
 E mi sarai fedel?
 GILDO
                                  Fido e amoroso.
 GERILDA
 Io ti perdono e tu sarai mio sposo.
 GILDO
 Se dunque esser degg’io il tuo marito,
1820vo’ che prima i capitoli stendiamo
 e che noi ci accordiamo,
 com’è il moderno rito,
 e con chiarezza noi facciamo i patti.
 GERILDA
 Or io non son di queste
1825e già son persuasa
 che in occasion di feste
 ognun dà fuor la mercanzia ch’ha in casa.
 GILDO
 Tua dunque sia tutta la robba mia.
 GERILDA
 E la mia robba ancor tutta tua sia.
 
1830   Io mi rido di tutti quei sposi...
 
 GILDO
 
 Io mi rido di tutte le spose...
 
 GERILDA
 
 Che ritrosi...
 
 GILDO
 
                          Che ritrose...
 
 A DUE
 
 Fanno i patti nei loro contratti
 come s’hanno tra loro a trattar.
 
1835   Se tra loro son moglie e marito
 dev’essere unito
 ancora il volere,
 per potere in contenti campar.