Venceslao, Napoli, Muzio, 1714 (Vincislao)

 SCENA XVII
 
 LUCINDA ed ERNANDO
 
 LUCINDA
 Di così oscuri accenti
 i sensi non comprendo.
 ERNANDO
                                             Ah no, regina,
1325non temer; dei diademi
 sempre nel suo dover salda è la fé.
 LUCINDA
 Ma temo ancor.
 ERNANDO
                                D’un padre?
 Fantasmi di dolori
 non ti turbin le gioie; ecco vicine
1330di Talassio le faci
 che d’imeneo fan strepitar le tede.
 Godrai, Lucinda.
 LUCINDA
                                  E pure il cor nol crede.
 ERNANDO
 Così del mio Cupido
 s’avvivasse la vampa
1335nel sen de l’implacabile Erenice.
 LUCINDA
 Godrai tu ancora.
 ERNANDO
                                   E pure il cor nol dice.
 
    Vorrei sperar ma il core,
 che oppresso è dal dolore,
 sperar non sa, non può.
 
1340   E mentre il labro dice:
 «Mio cor, sarai felice»,
 il cor si stempra in lacrime
 e gli risponde: «No».