Venceslao, Foligno, Campana, 1713 (Il fratricida innocente)

 SCENA V
 
 LUCINDA da uomo con seguito e detti
 
 LUCINDA
 
105   Come di fronda in fronda
 l’aura spirando va,
 così di pena in pena
 il cor sen vola.
 
    S’un raggio in ciel balena
110di torbida pietà
 fugge e s’invola.
 
 CASIMIRO
 (Purtroppo, amico, è dessa).
 LUCINDA
                                                      In quale oggetto
 vi affissate, o miei lumi?
 GISMONDO
 (Già ci osservò).
 CASIMIRO
                                 (Finger mi giovi).
 LUCINDA
                                                                    (O numi!)
 CASIMIRO
115Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
 tuoi compagni o custodi a me rassembri,
 e qual da miglior cielo a l’Orse algenti
 forte cagion ti trasse?
 LUCINDA
 (Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
120che dal ciel lituano
 qui giunto appena, ove drizzai la meta,
 te incontri, o eccelso prence.
 CASIMIRO
                                                      A te, che altrove
 giammai non viddi, ove fui noto e quando?
 LUCINDA
 In Lituania, ov’ebbi
125l’alto onor d’inchinarti.
 (Ah quasi dissi il fier destin d’amarti).
 CASIMIRO
 Qual ti appelli?
 LUCINDA
                               Lucindo.
 CASIMIRO
 L’uficio tuo?
 LUCINDA
                          Di segretario in grado
 a Lucinda servia.
 CASIMIRO
130Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
 del lituano regno.
 CASIMIRO
 Tu con Lucinda?
 GISMONDO
                                 (O com’è scaltra!)
 LUCINDA
                                                                    Io seco
 era il giorno primier che i lumi tuoi
 s’incontraro co’ suoi.
135Giorno (ah giorno fatal!) che in voi s’accese
 scambievol fiamma; io seco
 allor che le giurasti eterno amore
 e sol fui testimon del suo rossore.
 (Fiso m’osserva). Omai
140ti dovria sovvenir che in bianco foglio
 la marital tua fede,
 me presente, segnasti e me presente
 si strinse il sacro nodo.
 Ti dovria sovvenir ch’entro a sei lune
145tornare a lei giurasti;
 pur due volte d’alora
 compì l’anno il suo corso e non tornasti.
 (Misera!) E non ancora
 ti sovvien qual io sia,
150io che fui testimon de le sue pene,
 de’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 LUCINDA
 Non ti sovviene, ingrato...
 CASIMIRO
                                                 A cui favelli?
 LUCINDA
 Così m’impose il dirti
 la tua fedel Lucinda: «E se» mi aggiunse
155«e se nulla ottener puoi da quel core,
 fa’ ch’io ’l sappia, onde fine
 abbia con la mia vita il mio dolore».
 GISMONDO
 (A lagrimar m’astringe).
 CASIMIRO
 Fole mi narri.
 LUCINDA
                             (O son tradita o finge).
 CASIMIRO
160Ma dovunque tu venga
 e qualunque sii tu,
 parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 
    Ti consiglio a far ritorno.
 Parti, va’;
165né cercar più di così.
 
    Lungo soggiorno
 ti sarà solo
 di pianto e duolo
 cagione un dì.