Venceslao, Verona, Merli, 1708

 SCENA VIII
 
 LUCINDA e CASIMIRO
 
 LUCINDA
1095Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
 Lucinda udirlo? Oggi morrai? Spietato
 giudice, iniquo re, così mi serbi
 la fé per più tradirmi?
 Mi dai lo sposo e mel ritogli? O tutto
1100ripigliati il tuo dono o tutto il rendi.
 Se mi se’ più crudel, meno mi offendi.
 E tu che fai? Che non ti scuoti? Il cenno
 udisti di un tiranno e non di un padre.
 CASIMIRO
 Lucinda, anima mia,
1105che far? Che dir poss’io? Veggo i miei mali
 e so di meritarli.
 Penso al tuo duolo e ti compiango. O sposa,
 misera sposa! giunta
 a vederti tradire,
1110a vedermi morire.
 LUCINDA
 Morir? Me forse credi
 sì vil, sì poco amante
 che sofferire il possa?
 Meco ho guerrieri, ho meco ardire, ho meco
1115amor, sangue, ragione.
 Ecciterò ne’ popoli lo sdegno;
 empirò d’ire il regno,
 di tumulto la reggia,
 tratterò ferro e foco.
 
1120   E se teco io non vivrò,
 teco, sposo, io morirò.
 
 CASIMIRO
 Un soccorso rifiuto
 ch’esser può mio delitto e tuo periglio;
 il re mi è padre, io son vassallo e figlio.
 LUCINDA
1125Crudel, se’ sposo ancora.
 Serbi il nome di figlio a chi t’uccide.
 Nieghi il nome di sposo a chi t’adora.
 CASIMIRO
 Anzi questo è ’l sol nome
 che più mi è caro, io meco
1130porterollo agli Elisi, ombra costante;
 e là dirò: «Son di Lucinda amante».
 LUCINDA
 Va’ pur; ti è cara, il veggio,
 la morte tua. Vanne, l’incontra, a l’empio
 carnefice fa’ core e ’l colpo affretta.
1135Ma sappi, io pur morrò,
 dal ferro uccisa o dal dolor. Tu piangi?
 Tu impallidisci? Il mio morir tu temi?
 Né temi il tuo? Che pietà è questa? Priva
 mi vuoi d’alma e di core e vuoi ch’io viva?
 CASIMIRO
1140Sì, vivi, il dono è questo
 che ti chiedo in morendo. Vanne, mia sposa,
 degna di miglior sorte
 e di sposo miglior. Vanne, cor mio,
 che il tuo dolor soffrir non posso.
 LUCINDA, CASIMIRO
                                                              Addio.
 LUCINDA
 
1145   Pria ch’io parta, o caro sposo,
 prendi almen l’ultimo amplesso,
 dimmi ancor: «Lucinda, addio».
 
    Già il mio cor, tutto pietoso,
 verrà sempre teco appresso
1150a ridirti il dolor mio.