Venceslao, Palermo, Cichè, 1708

 SCENA IV
 
 Sala.
 
 GILDO solo
 
 GILDO
 Non ti bastava, o sorte,
 d’avermi posto in corte
1100a servire, per sempre sfortunato,
 a un padron furioso e innamorato
 che ogni atomo, ogni punto
 mi dicea: «Gildo olà»? «Son qui, signore».
 «Accosta». «Eccomi lesto,
1105ch’ho da far?» «Corri presto
 ove Erenice...» «Intendo» »Or vola! Ah ferma!»
 Onde in suolo istante
 avea il moto perpetuo a le piante.
 Ora in premio a’ costanti
1110da me sparsi sudori
 altro non ho acquistato
 ch’esser vivo a l’inferno condennato.
 
    Il mestier di carcerier
 qualche furia lo scovrì;
 
1115   e fra gridi e fra rumori,
 sovra salti e crepacori,
 pianti, spasimi, martiri,
 stridi orrendi con sospiri,
 voci eterne di dolori,
1120qui si ascoltan tutte l’ore
 in penar sempre così.