Venceslao, Palermo, Cichè, 1708
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SCENA XX
LUCINDA, ERNANDO
LUCINDA
Di così oscuri accenti
i sensi non comprendo.
ERNANDO
Ah no, reggina,
1025
non temer; de’ diademi
sempre nel suo dover salda è la fé.
LUCINDA
Ma temo ancor.
ERNANDO
D’un padre?
LUCINDA
Ah no, d’un re.
ERNANDO
Fantasmi di dolori
non ti turbin le gioie, ecco vicine
1030
di Talassio le faci
che d’imineo fan strepitar le tede.
Godrai, Lucinda.
LUCINDA
E pure il cor nol crede.
ERNANDO
Così del mio Cupido
s’avvivasse la vampa
1035
nel sen dell’implacabile Erenice.
LUCINDA
Goderai forse un dì.
ERNANDO
Ma il cor non dice.
Già la speme mi parla nel core
che il dolore dal sen sparirà.
Ma la tema poi dice a quest’alma
1040
che la calma mai più tornerà.
Il fine dell’atto secondo