Venceslao, Palermo, Cichè, 1708

 SCENA XVII
 
 LUCINDA e sudetti
 
 LUCINDA
 Del sarmatico cielo inclito Giove,
 per cui la fredda Vistula è superba
395più de l’Istro e del Tebro,
 re, la cui minor gloria è la fortuna,
 quella, ch’estinto il genitor Gustavo
 di Lituania or regge
 le belle spiaggie e ’l fertil suol, Lucinda,
400a te, la cui gran fama
 non v’è cui nota, o Venceslao, non sia,
 per alto affar me suo ministro invia.
 VENCESLAO
 Di sì illustre donzella,
 la cui virtù sublime
405è freggio al debol sesso, invidia al forte,
 ch’io servir possa a’ cenni è mia gran sorte.
 CASIMIRO
 (O dei! Fia meglio allontanarci). (In atto di partire)
 LUCINDA
                                                              Arresta,
 principe, i passi; a quanto
 dir mi riman, te vuo’ presente.
 CASIMIRO
                                                           (O inciampo!)
 ERNANDO
410(Si turba).
 ALESSANDRO
                       (E impallidisce).
 CASIMIRO
 Costui, signor, mente l’ufficio e ’l grado.
 LUCINDA
 Io mentir, Casimiro?
 Questo che al re presento
 foglio fedel, questo dirà s’io mento. (Lucinda porge al re una lettera che sembra esser di credenza, il re l’apre e leggendola guarda minaccioso il figliuolo)
 ERNANDO
415Che sarà mai?
 ALESSANDRO
                              Legge.
 CASIMIRO
                                             (E minaccia).
 VENCESLAO
                                                                        (O note!)
 CASIMIRO
 (Nieghisi tutto a chi provar nol puote).
 VENCESLAO
 (Che lessi?) Ah, figlio, figlio? Opre son queste
 degne di te? Degne del sangue ond’esci? (Scende dal trono)
 Tu cavalier? Tu prence?
 CASIMIRO
420A che?
 VENCESLAO
                Prendi e rimira. (Gli dà la lettera)
 Que’ caratteri impressi
 son di tua man? Li riconosci? Leggi.
 Leggi pure a gran voce; e del tuo errore
 dia principio alla pena il tuo rossore.
 CASIMIRO
425«Per quanto ha di più sacro, (Legge)
 il prence Casimiro a te promette
 la marital sua fede,
 a te, Lucinda, erede
 del regno lituano.
430E segna il cor ciò che dettò la mano».
 ERNANDO
 (Infido cor).
 VENCESLAO
                          Leggesti? A qual difesa
 tua innocenza commetti?
 CASIMIRO
 (Ch’Erenice mi ascolti è più gran pena).
 Or ora il dissi. Un mentitore è questi,
435signor, mentito è ’l grado,
 mentito il ministero. Io né giurai
 a Lucinda la fede
 né vergai questo foglio
 né promisi imenei
440né mai la vidi o pur ne intesi.
 LUCINDA
                                                        (O dei!)
 CASIMIRO
 E perché alcun de la mendace accusa
 testimon più non resti,
 lacerato in più parti
 or te, foglio infedele, il piè calpesti. (Straccia in molte parti la carta e poi la calpesta)
 VENCESLAO
445Tant’osi?
 LUCINDA
                    Casimiro,
 mentitor me dicesti, in campo chiuso
 a singolar tenzone
 forte guerrier per nascita e per grado
 tuo egual, che meco io trassi
450da’ lituani lidi,
 per mia bocca or t’invita
 e tua pena sarà la tua mentita.
 CASIMIRO
 Il paragon de l’armi io non ricuso.
 LUCINDA
 Anzi che cada il sole,
455tu, re, il concedi.
 VENCESLAO
                                 Assento;
 e spettatore io ne sarò.
 LUCINDA
                                            Ti aspetto
 colà al cimento.
 CASIMIRO
                               Ed io la sfida accetto.
 LUCINDA
 
    T’attendo in campo armato,
 mendace cavalier,
460ingrato amante.
 
    L’error là punirò
 d’alma incostante.