Venceslao, Palermo, Cichè, 1708
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Copia
SCENA XIII
CASIMIRO e GILDO
CASIMIRO
330
Amar si puote, o Gildo,
beltà più ingiusta e più superba?
GILDO
È vero.
Però il ciel d’Erenice
si serve per punire
li vostri falli con l’altrui rigore.
CASIMIRO
335
Di qual fallo son reo?
GILDO
Ditelo al core.
CASIMIRO
Che mai?
GILDO
Spergiuri affetti,
giuramenti negletti
e promesse d’amor vane e fallaci,
Lucinda amata e poi tradita...
CASIMIRO
Eh taci.
(Parte Gildo)
340
Beltà che più non piace
lasciar d’amar si può.
Se il cielo in più sembianti
i doni suoi versò,
io perché ingiusto a tanti
345
un sol ne adorerò.