Venceslao, Bologna, Pisarri, 1708 (Il fratricida innocente)

 SCENA VI
 
 LUCINDA, CASIMIRO e poi GISMONDO
 
 LUCINDA
 Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
 Lucinda udirlo? Oggi morrai? Spietato
 giudice, iniquo re, così mi serbi
 la fé per più tradirmi?
1055Mi dai lo sposo e mel ritogli? O tutto
 ripigliati il tuo dono o tutto il rendi.
 Se mi se’ più crudel, meno mi offendi.
 CASIMIRO
 Ah tempra, o cara, i pianti,
 per me tutto il martire
1060è il lasciarti, ben mio, non il morire.
 LUCINDA
 Morir? Me forse credi
 sì vil, sì poco amante
 che sofferire il possa?
 Meco ho guerrieri, ho meco ardire, ho meco
1065amor, sangue e ragione.
 Tua vita è di Lucinda
 e tiranno è di lei chi ne dispone.
 CASIMIRO
 Un soccorso rifiuto
 ch’esser può mio delitto e tuo periglio.
1070Il re mi è padre, io son vassallo e figlio.
 LUCINDA
 Crudel, sei sposo ancora.
 Serbi il nome di figlio a chi ti uccide.
 Nieghi il nome di sposo a chi ti adora.
 CASIMIRO
 Anzi questo è ’l sol nome
1075che più mi è caro, io meco
 porterollo agli Elisi, ombra costante,
 e là dirò: «Son di Lucinda amante».
 LUCINDA
 Va’ pur; ti è cara, il veggio,
 la morte tua. Vanne, l’incontra, a l’empio
1080carnefice fa’ core e ’l colpo affretta.
 Ma sappi, io pur morrò dal ferro uccisa
 o dal dolor.
 CASIMIRO
                        Tu piangi?
 Tergi le luci, addio.
 Più soffrir non poss’io
1085la pietà di quel pianto. Andrò men forte,
 se più ti miro, andrò, mia cara, a morte.
 
    Parto; non ho costanza
 per rimirarti a piangere.
 Sposa, ti abbraccio. Addio.
 
1090   Se più rimango, io moro;
 ma non saria morir
 sugli occhi di chi adoro
 il morir mio.