Venceslao, Milano, Malatesta, 1705

 SCENA V
 
 GISMONDO, LUCINDA e CASIMIRO
 
 GISMONDO
 Lucinda a te sen viene.
 CASIMIRO
1075Lucinda a me? Per qual destino, o dei?
 LUCINDA
 (Secondi amor propizio i voti miei).
 CASIMIRO
 Regina, (dir non oso
 Lucinda, sposa, nomi
 in bocca sì crudel troppo soavi)
1080leggo su la tua fronte
 la sorte mia. Tu vieni
 nunzia de la mia morte e spettatrice.
 Di buon cor la ricevo;
 ma la ricevo in pena
1085di averti iniquo, o mia fedel, tradita,
 se pur la ria sentenza
 sul labbro tuo morte non è ma vita.
 GISMONDO
 Desta pietà.
 LUCINDA
                         (Caro dolor!) Custodi,
 al piè di Casimiro
1090tolgansi le ritorte.
 GISMONDO
 Lo impone il re.
 CASIMIRO
                                Che cangiamento è questo?
 LUCINDA
 Da me la morte attendi?
 Da me, crudel?
 CASIMIRO
                               Da te che offesi.
 LUCINDA
                                                              Ingrato.
 CASIMIRO
 Ben ne ho dolor; ma indegno
1095di tua pietade io sono;
 ed or, bella, a’ tuoi piedi
 chiedo la pena mia, non il perdono.
 LUCINDA
 Casimiro, altra pena
 non chiedo a te che l’amor tuo; del primo
1100tuo pianto io son contenta.
 Godo di perdonarti
 e la vendetta mia sia l’abbracciarti.
 LUCINDA
 
    Caro...
 
 CASIMIRO
 
                   Bella...
 
 A DUE
 
                                  Questo petto
 leghi amor in mezzo a l’armi.
 
                                     mio
1105   Come grande è il            tormento,
                                      tuo
 sommo ancor sarà il contento
 ch’oggi amor saprà donarmi.
 
 CASIMIRO
 Ed è vero, o mia cara,
 che non sia inganno il mio gioir.
 LUCINDA
                                                             Ti accerti
1110anche il labbro real. (Parla piano a Gismondo)
 CASIMIRO
                                        Scordo già tutti
 vicino a te, mio bene, i mali miei.
 GISMONDO
 Ubbidisco, o regina. (Parte)
 LUCINDA
 Io ti ottenni il perdon. Temer non dei.
 CASIMIRO
 Si avanza il genitor.