Venceslao, Milano, Malatesta, 1705

 SCENA V
 
 LUCINDA da uomo con seguito e detti
 
 LUCINDA
 
    Come di fronda in fronda
 l’aura spirando va,
 così di pena in pena
 il cor sen vola.
 
120   S’un raggio in ciel balena
 di torbida pietà
 fugge e s’invola.
 
 CASIMIRO
 (Purtroppo, amico, è dessa). (In disparte)
 LUCINDA
                                                       In quale oggetto
 vi affissate, o miei lumi.
 GISMONDO
125(Già ci osservò).
 CASIMIRO
                                 Finger mi giovi.
 LUCINDA
                                                                 (O numi).
 CASIMIRO
 Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
 tuoi compagni o custodi a me rassembri,
 e qual da miglior cielo a l’Orse algenti
 forte cagion ti trasse?
 LUCINDA
130(Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
 che dal ciel lituano
 qui giunto appena, ove drizzai la meta,
 te incontri, eccelso prence.
 CASIMIRO
                                                   A te, che altrove
 giammai non vidi, ove fui noto e quando?
 LUCINDA
135In Lituania, ov’ebbi
 l’alto onor d’inchinarti.
 (Ah quasi dissi il fier destin di amarti).
 CASIMIRO
 Qual ti appelli?
 LUCINDA
                               Lucindo.
 CASIMIRO
 L’ufficio tuo?
 LUCINDA
                            Di segretario in grado
140a Lucinda servia.
 CASIMIRO
 Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
 del lituano regno.
 CASIMIRO
 Tu con Lucinda?
 GISMONDO
                                 (Oh com’è scaltra!)
 LUCINDA
                                                                      Io seco
 era il giorno primier che i lumi tuoi
145s’incontraro co’ suoi.
 Giorno (ah giorno fatal) che in voi si accese
 scambievol fiamma, io seco
 alor che le giurasti eterno amore
 e sol fui testimon del suo rossore.
150(Fisso mi osserva). Ommai
 ti dovria sovvenir che in bianco foglio
 la marital tua fede,
 me presente, segnasti; e me presente
 si strinse il sacro nodo,
155si diede il casto amplesso.
 Ti dovria sovvenir ch’entro a sei lune
 tornare a lei giurasti;
 pur due volte d’alora
 compì l’anno il suo corso e non tornasti.
160(Misera!) E non ancora
 ti sovvien qual io sia,
 io che fui testimon de le sue pene,
 de’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 LUCINDA
 Non ti sovviene? Ingrato...
 CASIMIRO
                                                   A cui favelli?
 LUCINDA
165Così m’impose il dirti
 la tua fedel Lucinda: «E se» mi aggiunse
 «e se nulla ottener puoi da quel core,
 fa’ ch’io ’l sappia, onde fine
 abbia con la mia vita il mio dolore».
 GISMONDO
170(A lagrimar mi astringe).
 CASIMIRO
 Fole mi narri.
 LUCINDA
                             (O son tradita o finge).
 CASIMIRO
 Ma dovunque tu venga
 e qualunque sii tu,
 parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 
175   Ti consiglio a far ritorno,
 parti, va’;
 né cercar più di così.
 
    Lungo soggiorno
 ti sarà solo
180di pianto e duolo
 cagione un dì.