Venceslao, Firenze, Vangelisti, 1704 (Vincislao)

 SCENA IV
 
 GISMONDO, LUCINDA e detto
 
 GISMONDO
 Lucinda a te sen viene.
 CASIMIRO
 Lucinda a me? Per qual destino, o dei?
 LUCINDA
1000(Secondi amor propizio i voti miei).
 CASIMIRO
 Regina, (dir non oso
 Lucinda, sposa, nomi
 in bocca sì crudel troppo soavi)
 leggo sulla tua fronte
1005la sorte mia. Tu vieni
 nunzia della mia morte e spettatrice.
 Di buon cor la ricevo
 ma la ricevo in pena
 d’averti iniquo, o mia fedel, tradita,
1010se pur la ria sentenza
 sul labro tuo morte non è ma vita.
 GISMONDO
 (Desta pietà).
 LUCINDA
                             (Caro dolor). Custodi,
 al piè di Casimiro
 tolgansi le ritorte.
 GISMONDO
1015Lo impone il re.
 CASIMIRO
                                Che cangiamento è questo?
 LUCINDA
 Da me la morte attendi?
 Da me, crudel?
 CASIMIRO
                               Da te che offesi.
 LUCINDA
                                                              Ingrato.
 CASIMIRO
 Ben ne ho dolor; ma indegno
 di tua pietade io sono;
1020ed or, bella, a’ tuoi piedi
 chiedo la pena mia, non il perdono.
 LUCINDA
 Casimiro, altra pena
 non chiedo a te che l’amor tuo; del primo
 tuo pianto io son contenta,
1025godo di perdonarti
 e la vendetta mia fia l’abbracciarti.
 GISMONDO
 Prenci, non più dimore, il re vi attende.
 CASIMIRO
 A che?
 LUCINDA
                Dal regio labro
 l’alto destin ne intenderai.
 CASIMIRO
                                                   Già scordo
1030vicino a te, mio bene, i mali miei.
 LUCINDA
 Io ti ottenni il perdon; temer non dei.
 GISMONDO
 Or vi precedo.
 LUCINDA
                             Andiamo; o gioia!
 CASIMIRO
                                                                O sorte!
 A DUE
 Né sciolga un sì bel laccio altri che morte.