Venceslao, Firenze, Vangelisti, 1704 (Vincislao)

 SCENA V
 
 LUCINDA da uomo con seguito e detti
 
 LUCINDA
 
115   Torna al lido la navicella
 né più teme quel mar che sfuggì.
 Vola al lido la rondinella
 e si scorda que’ lacci ond’uscì.
 
    Sol quest’alma vicina al suo bene
120più sente le pene
 che amando soffrì.
 
 CASIMIRO
 Purtroppo, amico, è dessa.
 LUCINDA
                                                   In quale oggetto
 vi affissate, o miei lumi?
 GISMONDO
 Già ci osservò.
 CASIMIRO
                              (Finger mi giovi).
 LUCINDA
                                                                 (O numi!)
 CASIMIRO
125Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
 tuoi compagni o custodi a me rassembri,
 e qual da miglior cielo a l’Orse algenti
 forte cagion ti trasse?
 LUCINDA
 (Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
130che dal ciel lituano
 qui giunto appena, ove drizzai la meta,
 te incontri, eccelso prence.
 CASIMIRO
                                                   A te, che altrove
 giammai non vidi, ove fui noto e quando?
 LUCINDA
 In Lituania, ov’ebbi
135l’alto onor d’inchinarti.
 (Ah, quasi dissi il fier destin d’amarti).
 CASIMIRO
 Qual t’appelli?
 LUCINDA
                              Lucindo.
 CASIMIRO
 L’ufizio tuo?
 LUCINDA
                          Di segretario in grado
 a Lucinda servia.
 CASIMIRO
140Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
 del lituano regno.
 CASIMIRO
 Tu con Lucinda?
 GISMONDO
                                 (O come è scaltro!)
 LUCINDA
                                                                      Io seco
 era il giorno primier che i lumi tuoi
 s’incontraro co’ suoi.
145Giorno (ah giorno fatal) che in voi s’accese
 scambievol fiamma, io seco
 allor che le giurasti eterno amore
 e, allor che tu partisti,
 io sol fui testimon del suo dolore.
150(Fiso m’osserva). Omai
 ti dovria sovvenir ch’entro a sei lune
 tornare a lei giurasti;
 pur due volte d’allora
 compì l’anno il suo corso e non tornasti.
155(Misera!) E non ancora
 ti sovvien qual io sia,
 io che fui testimon delle sue pene,
 de’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 LUCINDA
 Non ti sovviene? Ingrato...
 CASIMIRO
                                                   A chi favelli?
 LUCINDA
160Così m’impose il dirti
 la tua fedel Lucinda: «E se» mi aggiunse
 «e se nulla ottener puoi da quel core,
 fa’ ch’io ’l sappia, ond’io possa
 estinguer nel mio sangue il mio dolore».
 GISMONDO
165(A lagrimar m’astringe).
 CASIMIRO
 Fole mi narri.
 LUCINDA
                             (O son tradita o finge).
 CASIMIRO
 Ma dovunque tu venga
 e qualunque sii tu,
 parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 
170   Ti consiglio a far ritorno,
 parti, va’
 né cercar più di così.
 
    Lungo soggiorno
 ti sarà solo
175di pianto e duolo
 cagione un dì.