Gl’inganni felici, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XV
 
 ORONTA e i suddetti
 
 ORONTA
1270Oimè! Che oggetto è questo?
 Non è quello il sembiante... (Corre e si getta sopra il corpo di Sifalce)
 Sì, ch’egli è desso. Orgonte, anima mia,
 volea stringerti un giorno
 ma tal non ti volea. Ditemi, oh cieli,
1275cieli troppo inclementi!
 vi chiesero mai questo i miei lamenti?
 Ah, che pria dalle fauci
 io strappata mi avrei l’infame lingua.
 ARBANTE
 Crescon le pene mie nel duolo altrui.
 ORONTA
1280Oh volto, oh petto, in cui
 son io piagata! Oh sangue,
 con cui mi uscì lo spirto! Ah, crudo ferro
 ch’hai questo sen trafitto!
 Vieni, anche il mio trafigi. Alla mia destra
1285così risparmierai forse un delitto.
 SIFALCE
 Oh dio!
 ARBANTE
                  Spira per anco.
 ORONTA
                                                E trattenuta
 i miei caldi sospiri han la fredd’alma.
 Ma tempo non è questo
 di un inutil dolor. Di terra, amici,
1290sollevatelo alquanto. Ecco, alla piaga (Arbante solleva di terra Sifalce ed Oronta, sostenendolo con una mano, con l’altra li lega al petto un anello)
 applico questa pietra,
 cui dier forza le stelle
 di stagnar tosto il sangue,
 di rincorar gl’inermi spirti.
 ARBANTE
                                                    Ed ecco
1295ch’ei le languide luci apre e respira.
 SIFALCE
 Son questi della morte
 forse i torbidi regni?
 ARBANTE
                                         Egli delira.
 SIFALCE
 Questa forse di Oronta è la sembianza
 che mi rinfaccia i tradimenti e l’onte?
 ORONTA
1300Oh delirio gradito!
 SIFALCE
 Oh, troppo a me fedel, troppo ingannata
 bell’ombra, eccoti Orgonte alfin pentito.
 ORONTA
 Caro Orgonte, vaneggi. Ancor tu vivi,
 non so se per fuggirmi o per bearmi.
1305Tu vivi e, se nol credi, il sol rimira
 pallido a’ tuoi pallori.
 Senti l’aura che geme,
 mossa da’ tuoi respiri,
 scossa da’ miei sospiri; è quello il lido
1310d’Elide e questo è Arbante
 che ti sostien pietoso. Io sono Oronta,
 non ispirto, non ombra; e se nol credi,
 questa man tel confermi,
 che non han tatto l’ombre o i nudi spirti. (Gli dà la mano)
 SIFALCE
1315Son vivo? Il credo; il sento
 a’ tuoi begli occhi e nel mio fier tormento.
 Abborrirei la vita,
 se non fosse tuo dono.
 Vivrò, mia cara Oronta,
1320vivrò ma per amarti e perché il pianto
 l’offese che ti feci un dì cancelli.
 ORONTA
 Voglio affetto e non pianto, occhi miei belli.
 ARBANTE
 Sorger miro da lungi
 folti nembi di polve. Ad ogni rischio
1325la fuga ci sottragga.
 ORONTA
                                      Io nulla temo.
 Andiam pur nella reggia,
 dall’amor di Agarista
 io mi prometto ogni perdono.
 SIFALCE
                                                        Andiamo.
 ORONTA
 Ti seguo, o caro; e tu sostienlo, Arbante.
 ORONTA e SIFALCE A DUE
1330Finito ha di penar l’anima amante.
 SIFALCE
 
    Perché ognor ti viva in petto,
 io ti rendo il cor già tolto.
 
    Sento e vedo il mio diletto
 nel tuo seno e nel tuo volto.
 
 ALCESTE
 
1335   Tu mi rendi il core amante
 e il mio cor ti rendo anch’io.
 
    Ma io ritrovo il tuo incostante
 e fedel tu trovi il mio.