Gl’inganni felici, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XIV
 
 ARBANTE e SIFALCE caduto
 
 ARBANTE
 
1250   Tosto il lino aprasi a’ venti.
 Sotto il pino frema l’onda,
 fugga il lito e a noi s’asconda...
 
 Ma che veggio! Qual sangue
 han bevuto l’arene? Orgonte, Orgonte,
1255tu piagato? Tu estinto?
 Qual ferro osò cotanto? Ed impunito
 è il traditor fuggito?
 Ah cada pria l’empio uccisor esangue;
 poscia col pianto mio spargasi ’l sangue.
 SIFALCE
1260Deh, mio Arbante.
 ARBANTE
                                     Mio prence.
 SIFALCE
 Questi ultimi miei preghi
 non lasciar che sian vani.
 Dell’uccisor rivale
 l’orme non inseguir. Viva egli in pace.
1265Aggiungi alla mia morte
 pene, se tu l’uccidi. Ah, non lasciarmi
 ch’io passi la funesta
 riva di Flegetonte, ombra più mesta.
 ARBANTE
 Mi è legge il tuo voler. Coraggio, Orgonte.