Venceslao, Venezia, Albrizzi, 1703

 SCENA IX
 
 CASIMIRO, poi GISMONDO
 
 CASIMIRO
 Mie deluse speranze,
 non andrete impunite
 di un tal rifiuto.
 GISMONDO
                                In traccia appunto, o prence,
625di te venia.
 CASIMIRO
                        Che arrechi?
 GISMONDO
 Quel che t’arde nel sen per Erenice
 indegno foco ammorza.
 CASIMIRO
 L’offerta d’un diadema,
 che le fece il mio amor, sprezzò l’ingrata.
 GISMONDO
630E sprezzarla perché? Per abbassarsi
 già sposa ad altri amplessi.
 CASIMIRO
 Come? Sposa Erenice? O dei! Ma dove?
 Quando? Con chi?
 GISMONDO
                                     Ne la ventura notte
 è stabilito il nodo.
 CASIMIRO
635Così vicina ancora
 la mia sciagura? E certo il sai?
 GISMONDO
                                                          Poc’anzi
 da Ismene, a me germana e di Erenice
 la fida amica, il tutto intesi.
 CASIMIRO
                                                     Ah troppo,
 Gismondo, intesi.
 GISMONDO
                                    È tempo...
 CASIMIRO
640È tempo sì di vendicarsi. Iniqua!
 Ingratissima donna!
 Ma nel rival superbo
 ti punirò. Troppo forzai lo sdegno
 e l’amor rispettai; morrà l’indegno.
 GISMONDO
645No, mio signor...
 CASIMIRO
                                 Gismondo,
 parto col mio furor, tu taci il tutto.
 GISMONDO
 (Stragi preveggo e lutto).
 CASIMIRO
 
    D’ire armato il braccio forte
 piaghe e morte
650implacabile vibrerà.
 
    Duolmi sol che il fier rivale
 sotto a questo acciar reale
 di cader la gloria avrà.