Venceslao, Venezia, Albrizzi, 1703

 SCENA X
 
 CASIMIRO, GISMONDO e li suddetti
 
 ERENICE
 (Qual favellar?)
 CASIMIRO
                                Felici amanti, il mio
 importuno venir tosto non privi
 del piacer di una vista i vostri lumi.
 ERENICE
 Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
280Perché rispetti Ernando
 sugli occhi di Erenice un mio comando.
 ERNANDO
 Qual fia?
 GISMONDO
                    (Fra sé che pensa?)
 CASIMIRO
 Da lei che adori or prendi
 l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
285Perché Ernando è vassallo ed io son re.
 ERNANDO
 Chi è nato re disponga
 de le nostre fortune,
 non del nostro voler. Sono gli affetti
 un bene indipendente, un ben ch’è nostro.
290L’amar beltà che tu pur ami, o prence,
 non è offesa al tuo grado;
 è omaggio che si rende al bel che piace.
 Ne l’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
 E giusto anch’io sarò in punirti. A troppo
295tua baldanza s’inoltra. (In atto di dar mano alla spada)
 ERENICE
                                            E a troppo ancora
 ti trasporta il tuo sdegno.
 Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Addio, signor. Per poco
 tempra o sospendi almen l’odio mortale.
 Dentro al venturo giorno
300non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.