Temistocle, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IV
 
 TEMISTOCLE e detti
 
 TEMISTOCLE
 Sire, de’ tuoi soldati entro del core
 s’è già sparso il tuo amore.
350Fuggo da’ loro applausi e a te qui giungo.
 ARTASERSE
 E opportuno ci giungi.
 Sediamci. (Amici or m’arridete, o fati). (Si portano tre sedie. Artaserse siede nel mezzo, Palmide alla destra e Temistocle alla sinistra)
 PALMIDE
 (Consolate speranze).
 TEMISTOCLE
                                          (Occhi adorati).
 ARTASERSE
 Temistocle, sinora
355è minor quanto feci
 di tua virtù. Vo’ che tu meglio intenda
 quanto t’ami e t’apprezzi il cor reale.
 TEMISTOCLE
 Ciò che ti devo è al tuo poter eguale.
 ARTASERSE
 Ciò che ti diedi ogni altro,
360che abbia scettro minor, darti potea.
 Più ti deve Artaserse e già tel rende.
 PALMIDE
 (Gioie eterne del cor, chi ben v’intende?)
 ARTASERSE
 Ecco Palmide, o duce;
 ella ad Idaspe è figlia,
365che fu a Serse germano, a me fu zio.
 TEMISTOCLE
 (Qual sia lo sai, cor mio).
 ARTASERSE
 Ma il minor de’ suoi vanti è il real sangue;
 qui vedi, in questo punto,
 io t’offro la sua destra, ella il suo core.
370Tua la rende la gloria.
 PALMIDE
                                          (E tua l’amore).
 ARTASERSE
 Ella sia tua consorte.
 TEMISTOCLE
 Oh ciel! Per sì gran sorte
 son fra’ re? Son fra’ numi? Ah lascia, o sire, (Si leva d’improvviso, s’inginocchia e bacia la mano ad Artaserse)
 che a’ piedi tuoi sulla real tua mano
375bacio di gioia e di rispetto imprima.
 ARTASERSE
 Sorgi. Così gli eroi virtù sublima.
 TEMISTOCLE
 Principessa, a me basta
 l’onor d’esser tuo servo. A te si deve
 altra sorte, altro sposo.
380Di Temistocle il core è picciol regno.
 PALMIDE
 Quel che approva Artaserse, è già il più degno
 TEMISTOCLE
 Dopo Palmide, ancora
 lieto non son; chi ’l crederebbe? Il meglio
 manca alla grazia.
 ARTASERSE
                                    Parla.
385Qual è?
 TEMISTOCLE
                  La gloria aver del meritarla.
 ARTASERSE
 Facciasi per tua pace; ecco ti chiedo (Fa cenno a Temistocle che di nuovo si assida e Temistocle ubbidisce)
 la tua, la mia vendetta. Abbiam nimici.
 È vantaggio comun la lor rovina.
 Dal tuo valor l’attendo.
390Ti chiedo un benefizio e in un tel rendo.
 TEMISTOCLE
 Più non si tardi. E dove,
 dove ho da volger l’ire?
 Qual ribelle punire?
 Qual nimico domar? Qual mi conviene
395strugger misera terra,
 ostil sangue versar?
 ARTASERSE
                                       Quello d’Atene.
 TEMISTOCLE
 Quello?...
 ARTASERSE
                     Sì, quel d’Atene,
 empia gente, a te ingrata, a me nimica.
 Gente rea de’ tuoi mali e de’ miei sdegni.
400Là, perso duce e cittadino offeso,
 l’armi e i colpi rivolgi e falle, invitto,
 il gastigo sentir del suo delitto.
 TEMISTOCLE
 Tutto ristringo in brevi accenti il core.
 Signor, mia patria è Atene.
 ARTASERSE
405La patria al saggio è dove trova il bene.
 TEMISTOCLE
 Il retto oprare è il vero ben del saggio.
 ARTASERSE
 Ingiusto è forse il vendicarsi?
 TEMISTOCLE
                                                        È vile.
 ARTASERSE
 La sconoscenza è più viltà.
 TEMISTOCLE
                                                  Non ponno
 i benefizi tuoi
410o trovarmi un ingrato o farmi un empio.
 ARTASERSE
 (O fermezza!)
 TEMISTOCLE
                             (O destino!)
 PALMIDE
                                                      (O core, o esempio!)
 ARTASERSE
 Ami Atene anco ingrata?
 TEMISTOCLE
                                                Io le son figlio.
 ARTASERSE
 Ti scacciò dal suo core.
 TEMISTOCLE
                                            E il mio possiede.
 ARTASERSE
 Vuol rapirti la vita.
 TEMISTOCLE
                                      E a me la diede.
 ARTASERSE
415Dunque un don mi ricusi?
 TEMISTOCLE
                                                   È mia sventura. (Artaserse parla più risoluto e Temistocle si leva)
 ARTASERSE
 Nulla mi devi?
 TEMISTOCLE
                              Tutto,
 fuorché la gloria mia.
 ARTASERSE
                                          Rendimi, ingrato,
 l’amistà che ti diedi.
 TEMISTOCLE
 Un dono di virtù, virtù mi toglie.
 ARTASERSE
420Rendimi il grado eccelso.
 TEMISTOCLE
                                                Il frutto e l’uso
 esser dovea tua gloria e non mia colpa.
 ARTASERSE
 Palmide ancor mi rendi.
 TEMISTOCLE
 Palmide? Oh dio! (Che sento?
 Patria! Amor! Gratitudine! Tormento!)
 PALMIDE
425(Sol la perdita mia fa il suo spavento).
 ARTASERSE
 Temistocle, a’ miei doni
 questo s’aggiunga, un util tempo e breve. (Si leva e seco Palmide ancora)
 Vuol la Grecia il tuo sangue; io voglio il suo.
 Un rifiuto è tua morte;
430un assenso è tua sorte.
 Nel momento fatal, ch’è dono mio,
 pensa e risolvi. Addio.
 
    Addio, pensa e poi risolvi,
 signor sei della tua sorte;
 
435   scegli vita o scegli morte;
 ti condanna o pur t’assolvi.