Griselda, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XIII
 
 GUALTIERO, che viene vagheggiando un ritratto, e GRISELDA
 
 GUALTIERO
 
    (Quanto vago è quel sembiante
 che mi accende e m’innamora!)
 
 GRISELDA
 
295   (Ma più fida e più costante
 è quest’alma che ti adora).
 
 GUALTIERO
 Nella reggia tu ancora,
 Griselda? E non partisti?
 GRISELDA
 Parto, amato mio re, poiché mi è tolto
300dirti «amato mio sposo». Eccomi ancora
 in quel rustico ammanto, in cui ti piacqui.
 GUALTIERO
 (Adorate sembianze!)
 GRISELDA
 Tal mi presento a te, non perché speri
 più di piacerti ancor. Fu, se mi amasti,
305tua bontà, non mio merto.
 Vengo sol da quegli occhi,
 sì, da quegli occhi ond’ardo,
 a ricever l’estremo,
 sia pietoso o crudel, sempre tuo sguardo.
 GUALTIERO
310Che? Di te mi favelli! Ed io credea
 che la nova mia sposa
 ti occupasse il pensier. La vidi, oh quanto
 bella e gentil! Tu stessa
 l’ameresti, o Griselda.
 GRISELDA
                                           E l’amo anch’io. (Gualtiero torna a mirare il ritratto)
315Ciò che piace al tuo affetto è caro al mio.
 GUALTIERO
 Nel suo ritratto appunto
 vagheggio il dardo, onde trafitto ho il core.
 GRISELDA
 La tua gioia è conforto al mio dolore.
 GUALTIERO
 Vedi s’io mento. (Dandole il ritratto)
 GRISELDA
                                  Oh numi! (Lo mira attenta)
320Quai sembianze! Qual volto!
 GUALTIERO
 Che ti sembra?
 GRISELDA
                               Ah, signore,
 ne’ suoi lumi ha i tuoi lumi,
 nella sua la tua fronte; e in lei ravviso,
 solo alquanto men crudo, il tuo bel viso.
 GUALTIERO
325È bella.
 GRISELDA
                 È di te degna.
 GUALTIERO
 Godrò seco felice. (Togliendole di mano il ritratto)
 GRISELDA
                                    Il ciel ti dia
 lunga età, fausto regno.
 De’ tuoi figli i nipoti
 ti vezzeggino intorno; e appena in tanta
330serie d’alte fortune,
 ti sovvenga talvolta
 della misera tua fedel Griselda.
 Ella torna a’ suoi boschi,
 onde trarla a te piacque; e sol vi reca
335un rifiuto di morte, un cor senz’alma.
 GUALTIERO
 Altro dirai?
 GRISELDA
                         Che serbi
 la pietà, che a me neghi,
 per l’innocente figlio; e in lui perdoni
 al tuo, non al mio sangue.
 GUALTIERO
340Non più.
 GRISELDA
                    Parto, mio sire.
 Lungi dal caro oggetto
 troppo qui ti rattenni.
 La forza, che a te fai, ti leggo in volto.
 GUALTIERO
 Torna a’ boschi e ti affretta.
345(Ceder mi converrà, se più l’ascolto).