Griselda, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IX
 
 GUALTIERO, CORRADO, ELPINO e i suddetti
 
 GUALTIERO
 L’arcano in te racchiudi. (A Corrado)
 CORRADO
 È mia cura obbedir. (A Gualtiero)
 GUALTIERO
                                         Bella Costanza.
 COSTANZA
 Gran re.
 GUALTIERO
                   Qual mai ti stringo! E qual nel core
 mi nasce in abbracciarti
220tenerezza e piacer, figli d’amore?
 COSTANZA
 Signor, da tua bontà l’alma sorpresa
 tace; e i timidi affetti,
 più che il mio labbro, il mio tacer palesa.
 ROBERTO
 (Soffri, o misero cor!)
 COSTANZA
                                           (Mesto è il germano).
 ELPINO
225Lascia che anch’io, regina,
 la man ti baci.
 GUALTIERO
                             È questi
 il fido servo Elpin.
 COSTANZA
                                     Mi sarai caro.
 GUALTIERO
 Omai vien meco a parte
 di quello scettro e di quegli ostri, o bella,
230che in benefico influsso
 già riserbaro al tuo natal le stelle.
 Tu pur verrai, Roberto,
 oh di ceppo real germe ben degno!
 Oggi da voi riceva
235ornamento la reggia e gioia il regno.
 ROBERTO
 Gran re, troppo mi onori.
 GUALTIERO
 Elpin.
 ELPINO
               Signor.
 GUALTIERO
                               Fa’ che Griselda affretti
 fuor della reggia il piè.
 ELPINO
                                            Corro veloce. (Si parte)
 GUALTIERO
 Andiam; più non s’indugi, idolo mio.
 COSTANZA
240Seguo il tuo piè. (A Gualtiero)
                                  Prence. (A Roberto che se le accosta)
 ROBERTO
                                                  Regina.
 COSTANZA, ROBERTO A DUE
                                                                   Addio. (Gualtiero, volgendosi improvviso a Costanza, la vede mesta e nel partire si ferma)
 GUALTIERO
 
    Vago sei , volto amoroso;
 ma ti affligge un non so che.
 Dillo a me per tuo riposo;
 quell’affanno e che cos’è?
 
 COSTANZA
 
245   Sento anch’io nel mio contento
 che mi affligge un so che.
 S’io nol so, che pur lo sento,
 chi può dir che cosa egli è?