Griselda, Venezia, Niccolini, 1701

 SCENA IX
 
 GUALTIERO, CORRADO, ELPINO e detti
 
 GUALTIERO
240L’arcano in te racchiudi. (A Corrado)
 CORRADO
 È mia cura ubbidir. (A Gualtiero)
 GUALTIERO
                                        Bella Costanza.
 COSTANZA
 Gran re.
 GUALTIERO
                   Qual mai ti stringo? E qual nel core
 mi nasce in abbracciarti
 tenerezza e piacer, figli d’amore?
 COSTANZA
245Signor, da tua bontà l’alma sorpresa
 tace; e i timidi affetti,
 più che ’l mio labbro, il suo tacer palesa.
 ROBERTO
 (Soffri, o misero cor).
 COSTANZA
                                          (Mesto è ’l germano).
 ELPINO
 Lascia che anch’io, regina,
250la man ti baci.
 GUALTIERO
                             È questi
 il fido servo Elpin.
 COSTANZA
                                     Mi sarai caro.
 GUALTIERO
 Ommai vien meco a parte
 di quello scettro e di quegli ostri, o bella,
 che in benefico influsso
255già riserbaro al tuo natal le stelle.
 Tu pur verrai, Roberto,
 o di ceppo real germe ben degno.
 Oggi da voi riceva
 ornamento la reggia e gioia il regno.
 ROBERTO
260Gran re, troppo mi onori.
 GUALTIERO
 Elpin.
 ELPINO
               Signor.
 GUALTIERO
                               Fa’ che Griselda affretti
 fuor della reggia il piè.
 ELPINO
                                            Corro veloce. (Parte)
 GUALTIERO
 Andiam; più non s’indugi, idolo mio.
 COSTANZA
 Seguo il tuo piè. (A Gualtiero) Prence. (A Roberto che se le accosta)
 ROBERTO
                                                                        Regina.
 A DUE
                                                                                         Addio. (Gualtiero, volgendosi improvviso a Costanza, la vede mesta e nel partire si ferma)
 GUALTIERO
 
265   Vago sei , volto amoroso;
 ma ti afflige un non so che.
 
    Dillo a me per tuo riposo;
 quell’affanno e che cos’è?
 
 COSTANZA
 
    Sento anch’io nel mio contento
270che mi afflige un non so che.
 
    S’io nol so, che pur lo sento,
 chi può dir che cosa egli è?