Lucio Vero, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA PRIMA
 
 LUCILLA, CLAUDIO e soldati
 
 LUCILLA
 Romani, armi stringete; ed armi io chiedo
 ma in altr’uso le chiedo
 che di scherzo e di gioco.
 Su’ vostr’occhi un ingrato,
960ch’è vostro imperador perch’è mio sposo,
 contro tutte le leggi
 di natura e del mondo, innalza al grado
 e di moglie e d’augusta
 una schiava regina; e me ripudia,
965me d’un Aurelio figlia,
 me del sangue latin nobil germoglio.
 Sugli occhi vostri il tenta; e ancor si soffre?
 So che duce ei vi fu; seco de’ Parti,
 gente indomita, fiera
970e difficile al giogo,
 trionfaste, nol nego; e forse alcuno
 delitto stimerà, dopo sì illustre,
 perigliosa vittoria,
 l’arme impugnar contro un guerrier sì forte,
975cui solo è debitor della sua gloria.
 Romani, al valor vostro
 fate più di giustizia.
 Dopo un mondo sconfitto, a voi dovete
 l’onor della vittoria;
980e se il dovete altrui, dite, o guerrieri,
 qual è il cesare vostro?
 Chi il vostro duce? E chi dà leggi a Roma?
 Come Lucio e da chi poc’anzi ottenne
 il titolo d’augusto? A lui nol diede
985forse il mio genitor? Sol la mia destra
 cesare nol facea? S’ei la rifiuta,
 qual ragion sull’impero
 più gli riman? L’ubbidirete allora
 ch’è infedele ad Aurelio?
990Che i numi offende? E i giuramenti obblia?
 No, romani, nol credo. Omai confido
 vilipesa da lui, da lui negletta,
 alla vostra virtù la mia vendetta.
 CORO DI ROMANI
 Viva Lucilla, viva.
 CLAUDIO
995Principessa, condona. È grave il torto
 che da Lucio ricevi. Ei l’ire esige
 da quest’anime grandi e le vendette.
 Ma che? Punir si denno
 più del ripudio tuo le leggi offese.
1000Sì, romani, ricorso
 fan queste a voi. Con gl’imenei vietati
 le trascura un tiranno e le calpesta.
 Quando mai col latino
 misto il sangue stranier Roma sofferse?
1005Qual fra le nostre leggi,
 più di questa sinor sacra ed intatta
 passò fra noi? De’ nostri augusti ancora
 chi violarla osò? Giulio pur arse
 per la bella d’Egitto alta regina;
1010ma il Lazio non la vide; ed ella, intanto
 ch’ei dava leggi a Roma,
 il suo vedovo letto empié di pianto.
 Claudio, Neron, mostri del Tebro e nomi
 alla nostra memoria ancor funesti,
1015si poser sotto a’ piedi
 tutte le leggi e rispettar quest’una.
 Di un’ altra Berenice
 anche Tito avvampò; ma giunto al trono,
 fu di darle costretto
1020colle lagrime agli occhi il mesto addio.
 Il timor della legge
 tanto poté. Lucio primiero, in onta
 e d’Aurelio e di Roma,
 la vilipende. Andiam, romani, andiamo.
1025Lucilla offesa e le neglette leggi
 dividan le vostr’ire;
 e la pena di un empio
 sia di freno ai tiranni e sia di esempio.
 TUTTI
 Viva Lucilla, viva e Lucio mora.
 LUCILLA
 
1030   L’infedel che mi ha schernita
 perda regno.
 
 CLAUDIO
 
                           E vita ancora.
 A DUE
 
 Mora, mora.
 
 LUCILLA
 
    Ch’egli mora? Ah, Claudio, sento
 che quest’alma ancor l’adora.