Lucio Vero, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XI
 
 LUCIO VERO con guardie e LUCILLA
 
 LUCIO VERO
 Qui mi si guidi il prigionier nemico.
 LUCILLA
 Cesare.
 LUCIO VERO
                 Principessa.
 LUCILLA
685Ti sorprende il mio arrivo?
 LUCIO VERO
 Tu vieni...
 LUCILLA
                      A udir dalla tua bocca istessa
 l’offesa che mi fai nel tuo rifiuto.
 LUCIO VERO
 Sì, Lucilla, il confesso,
 amo, sì, Berenice.
690Invan da quei begli occhi
 mi difesero i tuoi. La colpa udisti.
 Sfoga pur l’odio tuo; dimmi spergiuro,
 ingrato, traditor, nomi che tutti
 convengono al mio eccesso;
695del tuo cor, del tuo labbro
 merito l’ire e mi condanno io stesso.
 LUCILLA
 No, cesare, ti assolvo; e vieto al labbro
 le inutili querele.
 Col trofeo del mio pianto
700non vo’ accrescer l’orgoglio a un infedele.
 LUCIO VERO
 Da te, dopo un rifiuto,
 non attendea sì bel perdon; ma forse,
 quando temo tradirti, allor ti servo.
 Era tra’ nostri cori
705una secreta nimistade; e come
 io non t’amai, tu non mi amasti.
 LUCILLA
                                                             Iniquo,
 io non t’amai? Che dunque feci? Io pure
 per te di tutta Roma
 sprezzai gli affetti, a te rivolsi i miei.
710Ti fe’ cesare Aurelio; io diedi il voto.
 Ti fe’ mio sposo il padre; io diedi il core.
 Ruppe il parto rubello
 nodi sì dolci; io m’attristai. Vincesti;
 fu mio l’onor de’ primi applausi. Intese
715Roma con sdegno i tuoi novelli amori;
 io fui la sola, ingrato,
 che cercando difese al tuo delitto
 ti assolvea nel mio core;
 e lasciai per seguirti, anche tradita,
720la patria in abbandono e il genitore.
 LUCIO VERO
 (Quanto è noiosa!)
 LUCILLA
                                     Ed io,
 io non t’amai? Come puoi dirlo? In questo,
 in questo punto istesso
 che mi rifiuti, io temo ancor d’amarti.
725E ancor taci, spergiuro?
 LUCIO VERO
                                              E ancor non parti?
 LUCILLA
 Ah, perfido, di pena
 l’ore ti son che meco perdi. Il vedo,
 con Berenice sei, non con Lucilla.
 Tu la cerchi con gli occhi,
730tu le parli col cor; vanne pur seco
 con fronte più tranquilla
 de’ miei mali a gioir; ma dove andrai,
 temi di ritrovarvi ancor Lucilla.
 
    Vanne e godi,
735core infido, ingrato cor.
 
    Forse ancor delle tue frodi,
 del mio torto avrai dolor.