Gl’inganni felici, Venezia, Nicolini, 1696

 SCENA IV
 
 Sala illuminata con istromenti matematici. Notte.
 
 ALCESTE contemplando un mappamondo
 
 ALCESTE
 
    Astri belli deh mi girate
 raggi placidi per pietà.
 
    Se pietà voi mi negate,
80astri non siete
 ma ree comete
 di crudeltà.
 
 Stelle, che più volete? Eccovi Oronta,
 del tessalo monarca unica figlia,
85fuor del regno, raminga e dietro l’orme
 d’Orgonte il mentitor che seco porta
 il miglior di me stessa, alma ed onore.
 Qui trovai l’infedel che, sazio e stanco
 de’ miei pudichi amplessi,
90di quella fé scordato
 che mi giurò cotante volte e tante,
 sotto altre spoglie è d’Agarista amante.
 Sin che un giorno ei si penta, io qui mi fingo
 degli astri osservatrice, arte già appresa
95fin da’ primi anni miei. Perfide stelle,
 che volete di più? Mi avete tolto
 d’Oronta il nome e quasi il sesso e ’l volto.
 
    Tu sola, speranza,
 mi vai consolando.
 
100   Fra tante mie pene
 tu già in lontananza
 mi mostri un gran bene
 e mel farai goder ma non so quando.