Enone, Vienna, van Ghelen, 1729-1730

 SCENA VI
 
 ENONE ed EURIALO
 
 ENONE
 Barbaro, ma in mia pena.
 EURIALO
                                                  Enon, di’ il vero.
 Non è più Niso estinto
1280de’ tuoi crucci il più fiero.
 In Paride tu l’hai.
 ENONE
                                   Fuor che di sdegno,
 d’ogni altro affetto mio Paride è indegno.
 EURIALO
 Altro suonan le voci, altro il cor pensa.
 ENONE
 Di ciò che pensa il cor, dà segni il labbro.
 EURIALO
1285Niso sorger potesse a nuova vita.
 ENONE
 Alor sì che placarsi
 potrebbe il cor. Ma, oh dio!
 quel riviver non può né ceder questo.
 EURIALO
 Non mi lasciar. Con me qui Priamo attendi.
 ENONE
1290Anzi del suo dolor fuggo l’aspetto
 che aggraverebbe il mio.
 EURIALO
                                                Cosa udir grata
 forse ad ambi farò.
 ENONE
                                      Dopo il funesto
 nuncio che mi recasti, io nulla spero.
 EURIALO
 Spesso ne’ casi avversi,
1295donde si attende men, sorge fin lieto.
 ENONE
 Non pensassi far sì che preghi io porga
 per l’infelice. Voglio
 pria vederne lo strazio e poi morire.
 EURIALO
 Veggo i custodi. Il re non è lontano.
1300Tu spera e taci.
 ENONE
                               Ogni conforto è vano.
 
    Al nuovo april giuliva
 torna la selva e ’l prato.
 Ma che la dolce spene
 più nel mio sen riviva
1305possibile non è.
 
    Dolce goder, se ’l bene
 giammai non si perdesse
 o se perir potesse
 ogni memoria ancora
1310del ben che si perdé.