Enone, Vienna, van Ghelen, 1729-1730

 SCENA VII
 
 ENONE e poi PARIDE con guardie
 
 ENONE
 Di un vano minacciar, forti miei sdegni,
 ridetevi. Già passa
 dal tempio al ceppo il vostro
1030nemico. Priamo è giusto,
 implacabile Enon. S’anche in suo scampo
 tutto congiuri, io sola
 basto a perderlo... O dei! (Vedutosi nel rivoltarsi vicino Paride, vuol fuggirsene; ma vien fermata da lui)
 PARIDE
                                                 Fermati...
 ENONE
                                                                      Lascia...
 PARIDE
 Pria ch’io vada a morir...
 ENONE
                                                Lasciami, iniquo...
 PARIDE
1035Non privare un tuo sguardo
 d’un fier diletto.
 ENONE
                                 Mel darà il tuo sangue.
 PARIDE
 Quel guardo in nuova pena
 mi fia...
 ENONE
                  Nemmen per pena ei ti si deve.
 PARIDE
 Col negarlo, un indugio
1040frapponi al mio destin. Mirami e parto.
 ENONE
 Su via. Prendilo e vanne.
 Ahimè! (Lo guarda e subito altrove rivolgesi ma stendendo il braccio, come in atto di rispignerlo, dà campo a Paride di prenderle la mano e poi di gettarsele a’ piedi)
 PARIDE
                   Ma a le tue piante,
 bella nemica mia, sposa nol dico,
 mi trovi e poi m’uccida. (Enone piagne)
1045Care lagrime! Oh! Foste
 spremute da pietà. Morrei contento.
 ENONE
 Pietà, sì, da quest’occhi a me le spreme
 ma non per te. Niso infelice! È forza
 che a l’ombra tua le sparga
1050in faccia al tuo uccisor. Ma tu, che sotto
 lusinghevole aspetto
 nudrivi un falso cor, perché ugualmente
 trofeo di tua fierezza esser dovesse
 il tuo sangue e ’l mio pianto,
1055non attender da me che t’accompagni
 nemmeno al tuo supplizio un mio sospiro.
 Con le mie furie a canto
 vanne... (Siate ora forti, o mie giust’ire).
 Vanne... Sì, lo dirò... Vanne a morire.
 PARIDE
1060Crudel, pur lo dicesti; e pur del fiero (Si leva)
 labbro ti uscì la ria condanna. Enone,
 consorte, addio. Tu, dopo estinto, almeno
 perdonami. Finisca
 l’odio tuo sul mio sasso; e di’ talvolta:
1065«Paride l’infelice
 mi offese ma costretto.
 Errò; ma fu destin. N’ebbe il gastigo;
 ma ’l seguiro a la tomba amore e fede;
 e se non si opponean gli astri nemici,
1070lunghi vivuti avremmo,
 ei mio sposo ed io sua, giorni felici».
 ENONE
 O per mio fato e per tua colpa, o sempre
 funesto a la mia pace,
 che pretendi? Che vuoi? Nel fratricida
1075far ch’io abborra lo sposo? O ne lo sposo
 far ch’ami il fratricida? Ah! Se a l’amore
 luogo più non riman per l’innocenza,
 lasciala a l’odio mio. Suoni di Niso
 su la tua bocca il nome.
1080Mostrami l’atra scure. Il tronco capo
 recami e ’l sangue suo. De’ tuoi fa’ pompa
 vili spergiuri. Irrita il mio dolore.
 Ma taci l’imeneo, taci l’amore.
 Che dissi? Anzi l’amore
1085e l’imeneo rammenta
 ed il talamo ancora e l’ara e i numi.
 Tutto i tuoi falli e tutto
 aggrava il mio furor. Che mai di peggio
 fatto avresti nemico
1090di quel che amante e sposo? Il meritava
 la mia fede? Il mio amor? Posi in obblio
 per te impero di padre,
 per te minacce di destin. Per sempre
 pace m’hai tolto e spene.
1095Vanne a morir. Non finirà, già ’l sento,
 né pur con la tua morte il mio tormento.
 PARIDE
 
    Vado, o sposa. Un guardo irato
 dammi ancora e vado a morte.
 
    Oh! Foss’egli sì spietato
1100che bastasse a tormi vita,
 per tua gloria e per mia sorte.