Lucio Vero, Venezia, Niccolini, 1700

 SCENA PRIMA
 
 LUCILLA, CLAUDIO e soldati
 
 LUCILLA
 Romani, armi strignete; ed armi io chiedo
 ma in altr’uso le chiedo
 che di scherzo e di giuoco.
960Su’ vostr’occhi un ingrato,
 ch’è vostro imperador perch’è mio sposo,
 contro tutte le leggi
 di natura e del mondo, innalza al grado
 e di moglie e d’augusta
965una schiava regina; e me ripudia,
 me d’un Aurelio figlia,
 me del sangue latin nobil germoglio.
 Sugli occhi vostri il tenta; e ancor si soffre?
 So che duce ei vi fu; seco de’ Parti,
970gente indomita, fiera
 e difficile al giogo,
 trionfaste, nol niego; e forse alcuno
 delitto stimerà, dopo sì illustre,
 perigliosa vittoria,
975l’arme impugnar contro un guerrier sì forte,
 cui solo è debitor de la sua gloria.
 Romani, al valor vostro
 fate più di giustizia.
 Dopo un mondo sconfitto, a voi dovete
980l’onor de la vittoria;
 e se ’l dovete altrui, dite, o guerrieri,
 qual è ’l cesare vostro?
 Chi ’l vostro duce? E chi dà leggi a Roma?
 Come Lucio e da chi poc’anzi ottenne
985il titolo d’augusto? A lui nol diede
 forse il mio genitor? Sol la mia destra
 cesare nol facea? S’ei la rifiuta,
 qual ragion su l’impero
 più gli riman? L’ubbidirete alora
990ch’è infedele ad Aurelio?
 Che i numi offende? E i giuramenti obblia?
 No, romani, nol credo. Ommai confido
 vilipesa da lui, da lui negletta,
 a la vostra virtù la mia vendetta.
 CORO DI ROMANI
995Viva Lucilla, viva.
 CLAUDIO
 Principessa, condona. È grave il torto
 che da Lucio ricevi. Ei l’ire esige
 da quest’anime grandi e le vendette.
 Ma che? Punir si denno
1000più del ripudio tuo le leggi offese.
 Sì, romani, ricorso
 fan queste a voi. Con gl’imenei vietati
 le trascura un tiranno e le calpesta.
 Quando mai col latino
1005misto il sangue stranier Roma sofferse?
 Qual fra le nostre leggi,
 più di questa sinor sacra ed intatta,
 passò fra noi? De’ nostri augusti ancora
 chi violarla osò? Giulio pur arse
1010per la bella d’Egitto alta regina;
 ma ’l Lazio non la vide; ed ella, intanto
 ch’ei dava leggi a Roma,
 il suo vedovo letto empié di pianto.
 Claudio, Neron, mostri del Tebro e nomi
1015a la nostra memoria ancor funesti,
 si affollarono a’ piedi
 tutte le leggi e rispettar quest’una.
 D’un’altra Berenice
 anche Tito avvampò; ma giunto al trono,
1020fu di darle costretto
 con le lagrime agli occhi il mesto addio.
 Il timor de la legge
 tanto poté. Lucio primiero, in onta
 e d’Aurelio e di Roma,
1025la vilipende. Andiam, romani, andiamo.
 Lucilla offesa e le neglette leggi
 dividan le vostr’ire;
 e la pena d’un empio
 sia di freno a’ tiranni e sia di esempio.
 TUTTI
1030Viva Lucilla, viva e Lucio mora.
 LUCILLA
 
    L’infedel che m’ha schernita
 perda regno.
 
 CLAUDIO
 
                           E vita ancora.
 A DUE
 
 Mora, mora.
 
 LUCILLA
 
    Ch’egli mora? Ah, Claudio, sento
1035che quest’alma ancor l’adora.