Enone, Vienna, van Ghelen, 1729-1730

 SCENA IV
 
 CLEONE, poi EGLE con EURIALO
 
 CLEONE
 Egle or sarà contenta.
895Eccola. Eurialo è seco e par che ’l miri
 disdegnosa. Chi sa? Sono in amore
 certi propizi istanti.
 Se sapesser gli amanti
 conoscerli e buon uso
900farne, sarien più brevi i lor martiri.
 EGLE
 Ed è vero? E lo credo?
 EURIALO
                                           Ora nel tempio
 degl’inni nuziali il canto echeggia.
 EGLE
 Tornan dunque a goder gli sposi amanti?
 Han fine i lor rancori?
905Si rinnovano i miei? Sì poco a core
 ti fur d’Egle i comandi? E tu mi amasti?
 EURIALO
 Bella ma ingiusta ninfa, è ver, non seppi
 farti acquisto e mercé d’atti malvagi.
 Volli un miglior serbarti
910e più innocente amor. Se nol gradisci,
 altro vedi, altro scegli (Mostrandole Cleone)
 più fortunato amante,
 perché men generoso.
 CLEONE
 Sì, bell’idolo mio, tutte usai l’arti
915del tuo sdegno in favor per meritarti.
 ENONE
 Vani sforzi, o Cleon. Già sai le nozze...
 CLEONE
 Nozze infauste, infelici, atre, lugubri.
 EURIALO ed EGLE
 Come?
 CLEONE
                 In uscir del tempio
 a Paride reciso
920fia lo stame vital sotto la scure.
 EGLE
 Che? Paride avrà morte?
 CLEONE
                                                Opra felice
 de’ miei consigli, a ben servirti intesi.
 Io spergiuro lo resi,
 quando a Niso diè morte. Or del suo inganno
925ne paga il fio. Tu vendicata il frutto
 rendine a me...
 EGLE
                               Tel renda,
 anima scellerata,
 tutta l’atrocità d’un fier rimorso.
 EURIALO
 (Or torna Egle a piacermi).
 CLEONE
930O dei! Pur da te imposto...
 EGLE
 Chi t’impose, o crudel, che d’Egle un voto
 fosse il sangue di lui? Lo amava e alora
 tel dicean l’ire mie. L’amo e più forte
 or tel dice il mio affanno.
935Mal nel mio cor leggesti.
 Male il cenno intendesti; e tu dovevi
 meglio pria consultarmi.
 Fuggi. Involati. Audace
 più a mirarmi non sii, non che ad amarmi.
 CLEONE
940Andrò, ingrata, sì, andrò, contento almeno
 che, s’io ricevo il torto,
 tu ne risenti il danno.
 Non mi posso pentir di aver già tolto
 a te un amante, a me un rival. Per sempre
945in te resti a infierir rabbia e dolore.
 Vincer lieve a me fia dispetto e amore.
 
    Quell’augellino,
 ch’è fuor d’impaccio
 d’ingrato laccio,
950non fa ritorno
 dove ha perduta
 la libertà.
 
    Qua e là d’intorno
 battendo i vanni,
955gli andati affanni
 e i nodi infranti
 cantando va.