Enone, Vienna, van Ghelen, 1729-1730

 SCENA V
 
 PRIAMO e PARIDE
 
 PARIDE
 Dunque Enon vuol mia morte? E chiudea l’ire?
 Ecco il re. Che dirò?
 PRIAMO
                                        Paride, è vero
 che per sentenza tua Niso sia morto?
 PARIDE
 A la legge ubbidii che il condannava,
760perché d’altri omicida.
 PRIAMO
 Hai soddisfatto al tuo dover. Ma acceso
 d’un malvagio disio, dimmi, in qual legge
 trovi che giusto sia tradir donzella,
 sotto titol di sposo e con promessa
765di renderle il fratel libero e salvo,
 e poi nulla adempir de’ patti iniqui,
 lasciando la meschina
 doppiamente ingannata? Di’. Rispondi.
 Perché taci? A che tremi? Ov’è quel franco
770parlar che han gl’innocenti? Ardisci omai.
 Giudice io ti fo cor. Tu reo non l’hai.
 PARIDE
 Re, dei due gravi eccessi, onde al tuo trono
 accusato son io, basta che un solo
 sia vero, in mia condanna.
775Ma se l’opre giustifica un fin retto,
 forse di quel che sembro
 men colpevole sono. Amai gran tempo
 la bella Enon. Ripulse
 ne riportai. Piegò quel cor ritroso
780la sventura di Niso. Ella in suo scampo
 pianse, pregò. Da l’amor mio l’ottiene,
 purché sposa mi sia. Vi assente; e ’l nodo
 celebrato già fora in faccia ai numi;
 ma si sperò che il tuo vicino arrivo
785ne accresceria la pompa. Un breve indugio
 non fa oltraggio a la fede. Io gliela serbo.
 Sua è la mano, suo il cor. Vadasi al tempio.
 Di che si può doler?
 PRIAMO
                                       Duolsi di Niso,
 dopo i tuoi giuramenti
790barbaramente ucciso.
 PARIDE
 Mi accecò, lo confesso,
 forza d’amor ne la promessa iniqua.
 Ma quando in cosa iniqua
 si dee fede serbar?
 PRIAMO
                                      Ma quando abuso
795lice al giudice ancor far del suo grado,
 del poter, de le leggi?
 PARIDE
                                          Amor...
 PRIAMO
                                                          Già intesi.
 O a ben regger sé stessa, e meno gli altri,
 o sempre inetta gioventù! Di Enone
 disponti agli sponsali; e soddisfatto
800sia a l’onor suo.
 PARIDE
                               Tanto anch’io bramo, o sire.
 (Così fine i perigli abbiano e l’ire).
 PRIAMO
 
    Sotto sì amabil volto
 spirti sì bassi e rei?
 Creduto non l’avrei;
805ma il volto m’ingannò.
 
    Ragion non lo sostenne.
 Senso lo pervertì.
 La fede altrui tradì;
 e al suo dover mancò.