Enone, Vienna, van Ghelen, 1729-1730

 SCENA II
 
 PRIAMO e AGELAO
 
 PRIAMO
 S’io di tua fede dubitar potessi,
 men saria la mia mente
 agitata e confusa.
 AGELAO
                                   E che la turba?
 PRIAMO
610Un sogno.
 AGELAO
                      Un sogno or figlio
 è di vani fantasmi, or vien dal cielo.
 PRIAMO
 Se a lui creder degg’io, tu m’ingannasti.
 AGELAO
 Fievol cagion per dubitarne.
 PRIAMO
                                                      Esposto
 certo da te fu il mio Alessandro...
 AGELAO
                                                              A fiere
615selvagge; e colà vedi il monte e ’l bosco.
 PRIAMO
 Pasto il misero fu d’orsa feroce.
 AGELAO
 Ah! Dopo il quinto sole, in cui rividi
 il fatal loco, qual sperarne avanzo
 de le tenere membra?
 PRIAMO
                                           E pur la corsa
620notte mi si presenta
 pien di vita il mio figlio.
 AGELAO
 Facilmente il disio forma e dipigne
 l’immagin de le cose a noi più care.
 PRIAMO
 Ma in luogo d’abbracciarlo, alzo e in lui vibro
625ferro omicida. Alora
 un suo grido mi desta e d’orror tutto
 mi sento e di sudor gelido e molle.
 AGELAO
 Natura, da te offesa,
 scotesi e ti rinfaccia il figlio ucciso.
 PRIAMO
630Il so; malvagio padre
 fui per esser buon re. Fiamma e ruina
 minacciavano a Troia
 i sogni e i vaticini. Io n’era in pena;
 e da crudel pietà preso consiglio,
635del regno a la salvezza uccisi il figlio.
 
    Come sono impero e trono
 quel gran ben che il mondo crede,
 se possanza a trar d’affanno
 mai non hanno un cor di re!
 
640   Quante volte anzi è costretto
 dal dover di sua grandezza
 a svenar ogni altro affetto
 di pietà, di amor, di fé!