Enone, Vienna, van Ghelen, 1729-1730

 SCENA VII
 
 PARIDE, EURIALO ed ENONE
 
 PARIDE
 Tu ’l primo adempi lagrimoso ufficio, (In lontano ad Eurialo)
 ch’io non ho cor. (Si ritira per non esser veduto)
 EURIALO
                                  (Com’io pur farlo?) (Da sé avanzandosi)
 ENONE
                                                                        Eurialo,
 qui senza Niso? Ove il lasciasti? A’ piedi
480del suo giudice forse
 tienlo or dover... Tu non rispondi e volgi,
 qual fa nuncio funesto, altrove i lumi.
 Parla. Uccidimi.
 EURIALO
                                 Niso...
 ENONE
 Che?
 EURIALO
             Nel mio duol, nel pianto
485leggi il suo fato.
 ENONE
                                È morto,
 morto è ’l fratello?
 EURIALO
                                    Informe tronco ei giace.
 ENONE
 Ahimè! Misera! Ahimè!
 EURIALO
                                               Perduto abbiamo
 tu ’l germano, io l’amico.
 PARIDE
                                                (Ed io me stesso).
 ENONE
 O scellerato Paride!
 EURIALO
                                       Assai meno
490reo che infelice. Un timor giusto il prese
 del re vicino e lo costrinse a un atto
 necessario a sua vita.
 Perdonagli. Ten prega
 Niso ancora per me. Questi gli estremi
495voti fur di quell’alma,
 che tu non voglia aggiugner danno a danno
 e con ira, funesta al tuo riposo,
 perder dopo il fratello anche lo sposo.
 ENONE
 Del mio destin l’inevitabil forza
500sento in sì duro caso.
 Ceder conviene.  Al tuo signore e mio
 riedi; e quantunque acerbo amaro lutto
 mi prema, gli dirai che da quel punto,
 in cui l’elessi mio consorte e donno,
505del suo solo voler legge a me feci,
 onde sempre mi è forza
 che di quanto a lui piace io sia contenta.
 PARIDE
 (Voci che mi beate!)
 EURIALO
 Or sì ben mostri, o saggia donna e forte,
510di qual senno e fermezza...
 PARIDE
                                                   O generosa,
 mia cara e dolce sposa,
 di lagrime mi dona
 bagnar la bianca mano,
 che appressarvi non oso
515le labbra ree de la fatal sentenza.
 ENONE
 Paride, il tuo dover, la tua tristezza
 mi parla in tua discolpa.
 Fosti giudice giusto,
 benché sposo crudel. Ne avrai dal mondo
520applausi e dal tuo re. Biasmo e periglio
 t’erano, il so, di Enone
 la pietade e l’amor. Niso mi han tolto
 le leggi e ’l suo destino; e s’io ne piango,
 son le lagrime mie sfogo del senso,
525non accusa del torto.
 Il tempo e la ragion faran ch’io vinca
 questi deboli affetti; e in ripensando
 che la tua vita assicurasti a costo
 de le perdite mie, con men di affanno
530ancor dirò ben compensato il danno.
 PARIDE
 Di cotanta bontà dammi al tuo piede...
 ENONE
 No, al mio signore atto sì umil sconviene.
 PARIDE
 E mi perdoni?
 ENONE
                              Errasti
 costretto.
 PARIDE
                    E mi rimetti
535nel primo amor?
 ENONE
                                  Quel che per te mi accende
 non spegnerà che morte.
 PARIDE
                                                E finch’io viva,
 far sì che tu non abbia
 d’altro per me a dolerti
 sarà studio e pensier de l’amor mio.
 ENONE
540Paride, il credo; e tanto spero anch’io.
 PARIDE
 
    Placati e scaccia il duolo
 e rendimi il tuo amor.
 
 ENONE
 
    Col tuo già mi consolo
 né ascolto il mio dolor.
 
 PARIDE
 
545   Ma nel tuo dolce affetto,
 perfido mi dirai?
 
 ENONE
 
    Taci, che appien non sai
 qual sia per te il mio cor. (Sen vanno per varie parti)