Enone, Vienna, van Ghelen, 1729-1730

 SCENA VII
 
 ENONE
 
 ENONE
235Pallide cure, egri sospetti, addio.
 Nulla omai può accader, per cui la fede
 del mio sposo vacilli.
 O notte, o dì felici.
 Cantate il gaudio mio, compagne amiche,
240e ne suonin le selve e gli antri e i colli
 e l’erme valli e le campagne apriche. (In questo mentre vedesi aprire l’uscio della grotta e alzarsi pian piano fuor del suo letto il fiume Cibrene, assiso nella sua reggia e dalle deità sue compagne corteggiato. Precede una sinfonia)
 CIBRENE
 O colpevole figlia
 ma più misera ancor. Di un nume e padre
 le fatidiche voci
245tu non credesti; e tutta
 ti abbandonasti al tuo fatale amore.
 Quanto, ahi! quanto fien brevi
 le gioie tue! Di quali
 amarissimi pianti
250farai crescer quest’acque
 e quest’alghe grondar! Vedrai tradito
 dal tuo amore il tuo sangue,
 dal tuo sangue il tuo amor.
 
    Già l’aspre Eumenidi,
255vaghe di stragi e gemiti,
 scuoton la chioma anguifera,
 alzan la face orribile;
 
    e se men fieri aspetti il ciel non gira
 su’ tuoi casi pietoso,
260singhiozzar disperata
 ti udrò senza fratello e senza sposo. (Il fiume rientra nel suo letto)
 
 ENONE
 Senza fratello? E senza sposo? Ah! Padre,
 qual minaccia! Qual perdita! Qual morte
 per la misera Enon! Che far potea?
265Pietà, destin, necessitade, amore
 han combattuto e vinto il debil core.
 Perdona... O dei! Dove mi volgo? Irato
 mi fugge il padre. Il fato
 mi preme inevitabile. Il fratello
270mi si offre esangue. E Pari?... Ah! Mi tradisce.
 Paride dopo tanti
 giuramenti tradirmi? E ’l credo? E ’l temo?
 No no, di sua virtù, di sua costanza
 troppe prove mi diè l’alma gentile;
275e l’amor suo, de la sua fede armato,
 è più forte per me che il padre e ’l fato.
 
    Belle, se mai scorgete
 Paride senza fé,
 dite che più non v’è
280né fedeltà né amor.
 
    E s’io sarò tradita,
 temete in ogni amante
 un’anima incostante,
 un labbro mentitor.
 
 Ballo di naiadi e d’altre deità seguaci del fiume Cibrene.
 
 Fine dell’atto primo