Enone, Vienna, van Ghelen, 1729-1730

 SCENA VI
 
 PARIDE, con seguito di pastori, ed ENONE
 
 PARIDE
 Che un governo sia cura e noia e peso,
160mel dice ogni momento
 che lontano da te mi tiene, o cara.
 Il frigio messagger, che a me poc’anzi
 sì sollecito corse, avviso reca
 che in Ida oggi verrà Priamo il re nostro.
 ENONE
165Ne sai tu la cagione?
 PARIDE
 A placar l’ombra, con funerea pompa,
 del suo Alessandro, miserabil figlio.
 ENONE
 Quel cui già quattro lustri espor bambino
 ei fe’ nel vicin bosco a’ piè del monte?
 PARIDE
170Appunto per timor di vani auguri,
 quasi piaccia agli dii che al mal si cerchi
 con una scelleraggine il riparo
 o cangiar possa i fati un atto iniquo.
 ENONE
 Ahimè! Ch’ei turberà le nostre nozze.
 PARIDE
175Anzi la nobil pompa
 ne illustrerà col suo reale aspetto.
 ENONE
 O forse al mio fratello...
 PARIDE
                                             Oh! Quanto sei
 timida e diffidente! Al sen fra poco
 lo strignerai. Già imposi
180che di Eurialo si cerchi, a la cui fede
 sta de’ rei la custodia. Ei ne avrà il cenno.
 ENONE
 Al tuo dolce parlar, qual nebbia al sole,
 e temenza e dolor da me sen fugge.
 PARIDE
 Ben n’hai ragion, sposa diletta, ogni ombra
185da te scacciando che mia fede oltraggi.
 Certa così la tua mi fosse. O mostri
 d’amarmi o m’ami solo
 quanto chiede dover, non quanto amore.
 ENONE
 Ah! Se vedessi il cor, dove tu regni.
 PARIDE
190Non dicevi così, pria che di Niso
 la pietà ti obbligasse ad esser mia.
 ENONE
 Di Niso la pietà femmi tua sposa
 ma non tua amante. De le mie pupille
 e prima e sempre fosti idolo e lume.
 PARIDE
195Strane prove d’amor mi davi alora,
 gli sdegni esercitando e le ripulse.
 ENONE
 Io soffria più di te, facendo forza
 a l’alma innamorata.
 PARIDE
 Da qual legge costretta?
 ENONE
200O dio! Lascia che almeno,
 se al divieto mancai, taccia l’arcano.
 PARIDE
 Se puoi tacer, puoi non amarmi ancora.
 ENONE
 (Perdona, o genitor. Mi sforza un nume
 maggior di te). Cibrene
205sai che mi è padre e ch’ei ne’ giri ascosi
 de l’avvenir penetra. Egli: «Per quanto
 ami il tuo ben» diceami «e ’l tuo riposo,
 fuggi Paride, o figlia. A lui consorte
 non trarrai che in miseria infausti giorni.
210Sta ne’ fati così». Ma quanto, ahi! quanto
 è difficil fuggir destino e amore!
 Tutto in favor si unì de la tua stella;
 anzi stella fatal fu il tuo bel volto
 che vinse in me ragion, voler, virtude.
215Tua sono; e tutti assolve
 i mali, che verranno, un sì gran bene.
 Siami Pari fedele e sfido i fati.
 PARIDE
 Fedel ti fui, sprezzato amante; ed ora,
 sposo felice, ti sarei spergiuro?
220Cara Enon, finch’io viva,
 mio sol voto sarà piacerti, amarti.
 ENONE
 Soavi accenti, esce a incontrarvi l’alma
 e in me rientra e di piacer m’inonda.
 PARIDE
 Mia cara, addio.
 ENONE
                                 Tu parti?
 PARIDE
                                                     Il vuol dovere;
225ma nol vorrebbe amor.
 ENONE
                                             Dover crudele!
 Deh! Sia ancor tuo dover l’esser fedele.
 PARIDE
 
    Amabili pupille,
 più vi vorrei tranquille.
 Fedel vi lascio e a voi
230fedel ritornerò.
 
    Belle anche meste siete;
 ma più mi piacerete,
 quando ogni fosco orrore
 spento in que’ rai vedrò.