Caio Fabbricio, Venezia, Pasquali, 1744 (Caio Fabbrizio)

 SCENA XIII
 
 VOLUSIO e i sopraddetti
 
 VOLUSIO
                                   Né ingiusta fia,
 te giudice, o signor, la morte mia.
 FABBRIZIO
 Volusio.
 SESTIA
                  O dei! Volusio...
 VOLUSIO
 Signor che le altrui veci
 qui adempi a giudicarmi,
1460quanto già mi risparmi
 di orror! Veduto in Pirro
 un tiranno qui avrei,
 di tutti gli odi miei barbaro oggetto;
 ma poiché man sì cara
1465dee segnarne il decreto,
 col più placido core e col più forte,
 incontrar mi vedrai supplizio e morte.
 FABBRIZIO
 Morte e supplizio a te verrà ma allora
 che dal giudice tuo sarai convinto.
 VOLUSIO
1470Lo so; il delitto, onde accusato io sono,
 sta nell’aver voluto uccider Pirro.
 FABBRIZIO
 Nel conflitto era gloria e qui era colpa.
 VOLUSIO
 E qui...
 FABBRIZIO
                 Volusio, or pensa
 che il giudice di Pirro in me t’ascolta.
 VOLUSIO
1475M’ascolti e mi condanni.
 SESTIA
                                               Ah! No. Se m’ami,
 abbi di Sestia, abbi di te pietade.
 Giustifica te stesso. Arte supplisca,
 ove manchi ragion...
 VOLUSIO
                                        Che? Mi vorresti
 vile così? Tu ancor n’avresti orrore.
1480Tolga il cielo, o signore,
 ch’io per tema di pena il ver t’asconda.
 Volli uccidere in Pirro
 il nimico e il rival. Due faci all’ira
 Roma e Sestia accendea.
1485Il colpo, che impedii, non mi discolpi
 da quello che non feci
 e che, s’ora potessi, io pur farei.
 Per la patria e per te morendo, o sposa,
 non mi posso pentir degli odi miei.
 FABBRIZIO
1490Figlia, dal tuo Volusio
 prendi l’ultimo addio.
 SESTIA
                                           L’ultimo? Ah! Padre.
 FABBRIZIO
 E lagrime e querele
 con me risparmiar puoi.
 E se al dolor non sai far petto, altrove
1495sul destino di lui piangi, se vuoi.
 SESTIA
 Misero! Oh! Pirro ancora
 fosse il giudice tuo! Potrei sperarlo
 inesorabil meno;
 o qualche sfogo almeno
1500potrei dare al mio affanno,
 la fierezza accusando
 del carnefice tuo, del tuo tiranno.
 FABBRIZIO
 Sestia... (Fiero)
 SESTIA
                   Oimè! Ne’ trasporti
 del mio dolor perdo ragion. Perdessi
1505così anche vita. Padre,
 tutto usa il tuo rigor. Mal lo dividi.
 Me ancor condanna, se Volusio uccidi.
 VOLUSIO
 Cara Sestia, a’ lamenti
 pon freno. In pace soffri
1510la morte mia. Non accusarne il padre.
 Incolpane il mio fato.
 SESTIA
 E fato e sposo e Pirro e Roma e padre,
 tutto iniquo è per me, tutto spietato.
 FABBRIZIO
 Non più. Già mi facesti
1515abbastanza arrossir de’ tuoi sospiri.
 I tuoi ciechi desiri, onde vorresti
 e me ingiusto e lui vil, dal core esiglia.
 Vanne e sii meno amante o sii più figlia.
 SESTIA
 
    Che barbara sorte!
1520Lo sposo va a morte;
 il padre il condanna,
 che sorte tiranna!
 E ancor mi si vieta
 lo sfogo al martir.
 
1525   No, padre, no, sposo.
 Puoi tu troppo austero,
 tu troppo pietoso,
 vietarmi il lagnarmi;
 ma tormi non puoi
1530l’amar e il morir.