Caio Fabbricio, Venezia, Pasquali, 1744 (Caio Fabbrizio)

 SCENA II
 
 PIRRO e BIRCENNA
 
 PIRRO
 Principessa, egli è tempo
 che s’intendano meglio i nostri cori.
 Obblio le andate offese e dell’illustre
1100figlia di Glaucia onor già rendo al grado.
 BIRCENNA
 Perché non dir più tosto,
 rendo al dover la fede? E poscia anch’io
 onte e spergiuri obblio. Non vuol decoro,
 non ragion, non amor ch’io rifiutata
1105torni al regno ed al padre.
 PIRRO
 Nel tuo giusto dolor veggo il mio torto.
 Ma che far posso? Fu sorpreso il core
 e Sestia ti prevenne.
 BIRCENNA
 La viltà dell’oggetto
1110dovea farti arrossir.
 PIRRO
                                       Se co’ miei lumi
 lo potessi mirar, vil nol diresti.
 BIRCENNA
 Qual mercé ne ottenesti? Ire e disprezzi.
 PIRRO
 Crescerà per contrasto il mio trionfo.
 BIRCENNA
 Sestia è ognor tua nimica.
 PIRRO
1115Ed è mia schiava ancor.
 BIRCENNA
                                              Tua schiava? Eh, Pirro,
 l’armi tue vincitrici
 s’affrettino a cercarla entro di Roma.
 PIRRO
 Che dici?
 BIRCENNA
                     Ella col caro
 suo Volusio è fuggita.
 PIRRO
                                          O dei! L’ingrata?...
 BIRCENNA
1120Chi dato abbia a colei mano e consiglio
 nol cercar che in Bircenna.
 Re d’Epiro, fintanto
 che spergiuro m’offendi,
 dall’ire mie sicura
1125la tua vita e il tuo amor non sarà mai.
 Ma se ragion mi fai,
 non potresti trovar regina e sposa
 né di me più fedel né più amorosa.
 
    Cessa di più oltraggiarmi;
1130rendimi fede e amor;
 e il tenero mio cor
 tutto vedrai languir per te, mio sposo.
 
    Ma se ricusi amarmi,
 non sempre il mio furor
1135invano ferirà;
 io non avrò pietà né tu riposo.