Caio Fabbricio, Venezia, Pasquali, 1744 (Caio Fabbrizio)

 SCENA VII
 
 VOLUSIO in abito di soldato macedone armato di scudo
 
 VOLUSIO
 Io vivo ancora, o dei quiriti; e vivo,
 vostra mercé, perché corregga un fallo
 del braccio e non del core.
325Generoso fu il colpo;
 ma la vittima errai.
 Raggiugnerolla. Oh! Fra tue guardie io possa
 qui sorprenderti ancor. Tremane, o Pirro,
 e per Sestia e per Roma. In tua ruina
330due furie ho al fianco e assai fora una sola.
 Queste armi e queste spoglie
 fan parermi macedone; ma il core
 e sente e sa d’esser romano. Sestia,
 sgombra le amare angosce.
335In tua aita, in mia gloria, a miglior fato
 gl’immortali del Tebro
 custodi dei Volusio han riserbato.
 
    Anima del mio core,
 frena le care lagrime
340né sospirar per me.
 
    Pien di coraggio e amore
 vivo, idol mio, consolati,
 vivo alla patria e a te.
 
 Vien Pirro e seco è il padre
345di Sestia. O inciampo! È forza
 ch’io l’ire affreni e non  veduto attenda. (Entra per una porta)