Caio Fabbricio, Venezia, Pasquali, 1744 (Caio Fabbrizio)

 SCENA III
 
 CAIO FABBRIZIO con seguito di romani e i suddetti
 
 TURIO
 Vien l’orator nimico. (A Pirro)
 PIRRO
                                          Entri e m’assido. (Va sul trono)
 FABBRIZIO
 Roma, che a te salute e se vuoi pace,
100re de l’Epiro, invia, si pregia e onora
 d’aver trovato in Pirro
 un nimico che sia degno di lei.
 Nel passato conflitto
 vincesti, è ver, non debellasti; e tanto
105sangue ti costa il tuo trionfo istesso
 che, se a tal prezzo anche il secondo ottieni,
 temer puoi che al tuo regno
 non sia de’ tuoi chi vincitor te segua.
 Per Cinea, tuo legato,
110al romano Senato
 pace chiedesti. Odi. Ei risponde. Il piede
 traggi pria fuor d’Italia
 che a te nulla appartien. De’ Tarentini
 e de’ Sanniti rei più non ti prenda
115pensier. Rendi i prigioni
 o per cambio o per prezzo. E poi si tratti
 pace e amistade in vicendevol patto.
 Ma sinché in terren nostro
 si accamperan le tue falangi, s’anche
120diecimila Levini avessi vinti,
 ti farem guerra; e affolleransi i forti
 a dare il nome e ad empier le coorti.
 PIRRO
 Non crediate, o Romani,
 che interesse mi tragga, odio mi spinga
125a far guerra con voi che degni siete
 d’esser, più che nimici, amici a Pirro.
 Questi ho tolti in difesa
 popoli a voi non servi. Essi l’han chiesta;
 io l’ho concessa; e vuol ragion che all’uopo
130non si manchi agli oppressi.
 In lor pro m’interposi.
 Voi nol curaste; e mia, col vostro spregio,
 la lor causa faceste
 e la migliore già approvar gli dei.
135Ma qual giustizia è mai che mi si parli
 di rendere i cattivi,
 se ancor dell’armi ritentar la sorte
 si dee? Restano l’ire;
 e le armerò, in mio danno,
140di sì prodi guerrieri,
 esacerbati da vergogna e pena?
 No no. Vengasi a pace; e poi vi rendo
 prigioni, spoglie, armi, vessilli e quanto
 esser può testimon di mia vittoria.
145La ricchezza di Pirro è la sua gloria. (Scende Pirro dal trono)
 CINEA
 (Magnanimo rispose).
 TURIO
 (Dal suo dir spirò fasto).
 FABBRIZIO
 Dunque...
 PIRRO
                      Or non più. Venga qui Sestia al padre. (Si partono due delle sue guardie)
 Fabbrizio, assai per Roma
150si dibatté.
 FABBRIZIO
                      Già ne intendesti i sensi.
 PIRRO
 Ma tu i miei non appieno. Or fra i doveri
 di cittadino, abbiano luogo ancora
 quelli di padre.
 FABBRIZIO
                               Non ricuso il dono;
 e da Sestia udrò lieto i nuovi esempi
155della virtù di Pirro.
 TURIO
                                      (Oh! Se sapesse!)
 PIRRO
 A lei d’assidui pianti
 corron le gote e duol la preme acerbo.
 FABBRIZIO
 Con sì debole cor sostien suoi casi?
 PIRRO
 Altro che prigionia forse l’affligge.
 FABBRIZIO
160(Intendo). (Vien Sestia)
 PIRRO
                        Ella a te viene;
 e non mai più tranquille
 vidi sue belle luci e più serene.
 
    Fra le grazie di quel viso
 veggo il riso;
165ma v’è un’ombra ancor d’affanno.
 
    Quel dolor, Sestia, perché?
 Prigioniera, è ver, tu sei,
 ma d’un re, non d’un tiranno. (Si parte con Cinea e con Turio)