Caio Fabbricio, Vienna, van Ghelen, 1729

 SCENA VIII
 
 FABBRICIO e poi SESTIA
 
 FABBRICIO
 Quai malefici influssi
 volgono in questo ciel! Qui fede in bando.
 Qui ragione in dispregio.
790Qui giustizia in obblio. Scorgo anche inciampi
 per l’istessa innocenza. Or m’odi, o figlia.
 SESTIA
 Che fia?
 FABBRICIO
                   Chi mai pensato
 l’avrebbe?
 SESTIA
                       E che?
 FABBRICIO
                                      Sotto nemiche spoglie
 Volusio...
 SESTIA
                    (L’idol mio).
 FABBRICIO
795Sta nel campo di Pirro.
 SESTIA
                                             Anche a’ miei lumi
 poc’anzi egli si offerse;
 ma ne sparì qual ombra.
 FABBRICIO
 Io ’l vidi. Io ’l ravvisai
 tra’ reali custodi.
 SESTIA
800Qual disio? Qual pensier...
 FABBRICIO
                                                   Siasi qual voglia,
 tutto è indegno di lui.
 SESTIA
                                          Gli favellasti?
 FABBRICIO
 No; ma con torvo sguardo
 gli minacciai l’ire di Roma e mie.
 SESTIA
 Forse volge gran cose...
 FABBRICIO
805Inique o perigliose.
 SESTIA
 La sua virtù...
 FABBRICIO
                            Qui veggo
 non virtù ma furore.
 SESTIA
 L’amor...
 FABBRICIO
                    Non più. Torni Volusio al Tebro.
 Da te n’esca il comando e, s’ei ti opponga
810o timori di amante
 o trofei di guerriero,
 tu assicura il suo amor; ma che coltivi
 altri allori a la chioma
 e gli dirai che basta un Muzio a Roma.
 
815   Era meglio in dura sorte
 sospirar per la sua morte
 che tremar per la sua gloria.
 
    Senno regga il suo valore
 né gli faccia o sdegno o amore
820deturpar la sua memoria.